Istituto di cultura Torquato Tasso: Quando una donna.

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Ieri nella sala Dickens dell’Hotel Continental di Sorrento, grazie all’iniziativa dell’«Istituto di Cultura Torquato Tasso», si è tenuta una conferenza con l’imprenditrice, scrittrice, Elena D’Ambrogio sul tema “Quando una donna”, presentatrice e moderatrice la poetessa Annamaria Farricelli. Tanti i temi toccati: il richiamo agli artt. 36 e 37 della Costituzione italiana, i piacevoli aneddoti di ghost writer, imitatrici dei “bigliettini” dei Baci Perugina nel periodo scolastico, il mutamento dei ruoli nell’odierna società, la perdita dello “stupore” come chiave ermeneutica ed interpretativa di una possibile risposta a questa società secolarizzata e materialista. In ordine aggiungo alcune brevi riflessioni, in merito al tema della donna, quale umile contributo all’iniziativa. I richiamati artt. della Costituzione recitano che «il lavoratore ha diritto ad una retribuzione proporzionata alla quantità e qualità del suo lavoro e in ogni caso sufficiente ad assicurare a sé e alla famiglia un’esistenza libera e dignitosa […]. La donna lavoratrice ha gli stessi diritti e, a parità di lavoro, le stesse retribuzioni che spettano al lavoratore». Questa “parità” forse è eco di quanto già affermava Aristide Gabelli quando scriveva che «la donna può valere per il cervello che porta nella sua testa più che per i capelli che gliela ricoprono» . Il fatto che Annamaria ed Elena scrivessero “pensieri” d’amore per i loro coetanei mi riporta alla mente l’incredibile spadaccino nato dalla penna di Edmond Rostand: Cyrano de Bergerac. Anch’egli per amore della bella Rossana, musa e ispiratrice, compone versi per l’amico Cristiano; tutti ripetono una frase famosa ma, forse, pochi sanno che viene declamata proprio da Cyrano: «Ma poi che cos’è un bacio? Un giuramento fatto poco più da presso, un apostrofo rosa messo tra le parole “T’amo”; un segreto detto sulla bocca, un istante d’infinito che ha il fruscio d’un’ape tra le piante, un mezzo di potersi respirare un po’ il cuore e assaporarsi l’anima a fior di labbra». Parole che ancora stupiscono, dettate dalla voglia di uno sfiorare di labbra, di un incontro, sì perché questo è uno dei compiti primari della donna: stupire. La meraviglia, inseparabile misto di stupore e timore, è la passione del filosofo, ma è anche come ricordava Karl Barth nel «Canto del cigno» la condizione del teologo. E se è vero che «la bellezza salverà il mondo» ogni uomo che la ricerca è filosofo e teologo, per giungere alla pienezza dell’Altro. La meraviglia è sapere di non possedere l’Altro, ricerca estenuante di chi non si ferma pensando di possederlo, ma si lascia pro-vocare, lì, sulla soglia deve l’Altro si affaccia (o bussa!). E qui, in conclusione ma anche come omaggio e ringraziamento a Luciano Russo e all’Istituto che lui presiede, non posso non ricordare il grande Torquato Tasso. Siamo quasi alla fine della Gerusalemme liberata, nel canto XII (48-70); un brano che spero possa far luce su quanto sto cercando di scrivere è la morte di Clorinda nella Gerusalemme liberata di Torquato Tasso. Tancredi d’Altavilla e Clorinda, una guerriera mu-sulmana che egli ama perdutamente, si scontrano sotto le mura della città crocevia di tutte le religioni, in un duello mortale. Il prode cavaliere non sa che sotto le sembianze di un guerriero si cela l’amata Clorinda. Lo scoprirà tragicamente solo quando l’avrà sconfitta e prima di morire chiederà di essere battezzata: «Amico, hai vinto: io ti perdon… Perdona tu ancora, al corpo no, che nulla pave, a l’alma sì; deh! Per lei prega, e dona battesimo a me ch’ogni mia colpa lave». Se la poesia è tentativo di riunire ciò che fu scisso, lo studio delle letterature è un tentativo di riunire, scoprire o confrontare le creazioni prodotte nei più disparati e dispersi luoghi e momenti: l’uno e il diverso, l’uomo e la donna, gli originari «ish» e «isha». A tutti santa Pentecoste.
Aniello Clemente

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