Amalfi Pogerola, riparte il Campo estivo della Millennium: la Protezione Civile Italiana a 38 anni dalla tragedia di Vermicino

Amalfi, nella frazione di Pogerola riparte il campo estivo della ONLUS di Protezione Civile P.A. Millennium Amalfi, fondata l’11 gennaio del 2000. ‘Anche io sono la protezione civile’, lo slogan del campo che si svolgerà dal 5 al 10 agosto, una settimana per avvicinare i giovani, attraverso il gioco, alle tematiche della Protezione Civile e della prevenzione dei disastri, ma sopratutto un’occasione per stringere nuove amicizie e divertirsi imparando. Fra i temi trattati il Sistema di Protezione Civile, l’Antincendio boschivo e i Piani di Emergenza Comunali.

Il Campo si svolgerà presso il campetto Don Pasquale Sacco, ed è aperto a 25 giovani dai 10/13 anni e 14/16 anni.

L’occasione è propizia per andare a cercare un pò di storia della Protezione Civile italiana, a 38 anni dalla tragedia di Vermicino, del piccolo Alfredino Rampi caduto nel pozzo, una tragedia che ha tenuto incollati davanti alla TV milioni di italiani, in una diretta-fiume durata più di 12 ore. E andato poco più indietro si sentiva il bisogno di un organo di Protezione Civile durante il terremoto dell’Irpinia del 1980 e del Friuli nel 1976.

Con la legge 8 dicembre 1970 n. 996 si hanno, per la prima volta, disposizioni di carattere generale che prevedono un’articolata organizzazione di protezione civile; ancora però non si parla di previsione e prevenzione. Per la prima volta inoltre l’ordinamento italiano precisa la nozione di calamità naturale e catastrofe. La direzione e il coordinamento di tutte le attività passano dal Ministero dei lavori pubblici al Ministero dell’interno. È prevista la nomina di un commissario per le emergenze, che sul luogo del disastro dirige e coordina i soccorsi. Si afferma quindi il concetto di protezione civile intesa come predisposizione e coordinamento degli interventi e si individuano i compiti fondamentali affidati ai vari organi della protezione civile per una razionale organizzazione degli interventi e per far arrivare nel modo più rapido ed efficace i soccorsi alle popolazioni colpite. Per assistere la popolazione dalla prima emergenza al ritorno alla normalità vengono creati i Centri Assistenziali di Pronto Intervento (C.A.P.I.). Per un miglior coordinamento dell’attività dei vari ministeri viene istituito il Comitato Interministeriale della Protezione Civile.Per la prima volta viene riconosciuta l’attività del volontariato di protezione civile: è il Ministero dell’interno, attraverso il corpo nazionale dei vigili del fuoco, ad istruire, addestrare ed equipaggiare i cittadini che volontariamente offrono il loro aiuto. La norma del 1970 privilegia il momento dell’emergenza: di fatto si disciplina solo il soccorso da mettere in campo nell’immediatezza dell’evento. Il regolamento d’esecuzione della legge viene approvato solo dopo 11 anni.

A seguito dei terremoti che colpirono e devastarono nel 1976 il Friuli-Venezia Giulia e nel 1980 vaste zone della Campania (terremoto dell’Irpinia) e della Basilicata, il governo per far fronte all’emergenza nominò, ai sensi della legge 996/1970, quale Commissario straordinario Giuseppe Zamberletti, il cui operato, insieme a quello di Elveno Pastorelli fu fondamentale per la protezione civile italiana. In occasione di questi due grandi terremoti, che provocano rispettivamente 976 e 2570 vittime, la gestione dell’emergenza e della ricostruzione è molto diversa, anche se i primi giorni sono caratterizzati in entrambi i casi dalla lentezza dei soccorsi e dalla mancanza di coordinamento.

In Friuli-Venezia Giulia vengono coinvolti da subito il governo regionale e i sindaci dei comuni colpiti, che lavorano in stretto contatto con Zamberletti fin dall’inizio dell’emergenza. Per la prima volta vengono istituiti i “centri operativi”, con l’obiettivo di creare in ciascun comune della zona colpita un organismo direttivo composto dai rappresentanti delle amministrazioni pubbliche e private, sotto la presidenza del sindaco, con il potere di decidere sulle operazioni di soccorso, conoscendo le caratteristiche del territorio e le sue risorse. Anche nella fase della ricostruzione viene dato potere decisionale ai sindaci per avere un controllo diretto sul territorio che allo stesso tempo faccia sentire le istituzioni vicine ai cittadini. La popolazione partecipa attivamente alla ricostruzione del tessuto sociale e urbano secondo il “modello Friuli” che si riassume in “com’era e dov’era”, completata in poco più di 15 anni.

La gestione dell’emergenza dopo il terremoto dell’Irpinia è fallimentare, sia nelle prime ore post sisma sia nella successiva fase della ricostruzione. I primi soccorsi sono caratterizzati dalla totale mancanza di coordinamento: volontari, strutture regionali e autonomie locali si mobilitano spontaneamente senza aver avuto indicazioni e precisi obiettivi operativi dal Ministero dell’Interno. Dopo il caos dei primi tre giorni, il governo interviene nominando Zamberletti, che riesce anche in questo caso a riorganizzare i soccorsi e a dialogare con i sindaci.Intanto, dopo il verificarsi dell’Incidente di Vermicino, in cui perse la vita il piccolo Alfredo Rampi di soli 6 anni, l’allora Presidente della Repubblica Sandro Pertini decise di istituire il Ministero della Protezione civile.

Per regolamentare le attività commissariali nelle zone della Campania e della Basilicata, con il decreto-legge 27 febbraio 1982 n. 57 – convertito in 29 aprile 1982 n. 187 – furono conferite al Ministro per il coordinamento della protezione civile le competenze per il completamento delle iniziative avviate nella fase di emergenza dal commissario per le zone terremotate. Il Ministro si avvarrà poi del Dipartimento della Protezione Civile, istituito con DPCM del 22 giugno 1982, con a capo Elveno Pastorelli, il comandante dei Vigili del Fuoco di Roma che aveva coordinato le iniziative di salvataggio di Alfredo Rampi. Di fronte a questi eventì il sistema dei soccorsi mostrò tutti i suoi limiti: si apre un dibattito civile e culturale con l’obiettivo di superare il vecchio assetto operativo. Comincia a farsi strada l’idea che i disastri vadano affrontati dopo averli “immaginati, descritti e vissuti” prima e che occorra dimensionare le strutture di intervento tenendo conto di scenari già elaborati e di misure di prevenzione già messe in atto. Si comincia a parlare di protezione civile non solo come soccorso, ma anche come previsione e prevenzione.
Nel 1981, il regolamento d’esecuzione della legge n. 996 del 1970 individua per la prima volta gli organi ordinari (Ministro dell’Interno, Prefetto, Commissario di Governo nella Regione, Sindaco) e straordinari (Commissario straordinario) di protezione civile, e ne disciplina le rispettive competenze. La protezione civile viene definita compito primario dello Stato. Si comincia a parlare di prevenzione degli eventi calamitosi, attraverso l’individuazione e lo studio delle loro cause. Sono gli organi statali – Prefetto e Commissario di governo – a svolgere il ruolo più importante nella gestione dell’emergenza.[10]

Nel 1982 viene formalizzata la figura del Ministro per il Coordinamento della Protezione Civile (legge n.938 del 1982), una sorta di “commissario permanente” pronto ad intervenire in caso di emergenza. Si evita così di individuare ogni volta un commissario e creare ex novo la macchina organizzativa. Il Ministro per il Coordinamento della Protezione Civile si avvale del Dipartimento della Protezione Civile, istituito sempre nel 1982 nell’ambito della Presidenza del Consiglio (Ordine di Servizio del 29 aprile). Invece di istituire un apposito ministero, con una struttura burocratica e di pari rango rispetto agli altri ministeri, si sceglie di creare un organismo snello, sovra ministeriale, capace di coordinare tutte le forze di cui il Paese può disporre.

Il Dipartimento della Protezione Civile raccoglie informazioni e dati in materia di previsione e prevenzione delle emergenze, predispone l’attuazione dei piani nazionali e territoriali di protezione civile, organizza il coordinamento e la direzione dei servizi di soccorso, promuove le iniziative di volontariato, e coordina la pianificazione d’emergenza, ai fini della difesa civile.

Dopo diversi passaggi parlamentari, si giunse a “scorporare” dalla tematica emergenziale la questione della protezione civile, con la legge 24 febbraio 1992 n. 225 – che costituì una disciplina organica vera e propria – venne istituito il Servizio Nazionale della Protezione Civile, con la cui istituzione la struttura di protezione civile del paese subisce una profonda riorganizzazione; in particolare, la struttura di protezione civile viene riorganizzata profondamente come un sistema coordinato di competenze, ripartito e concorrente tra le amministrazioni pubbliche statali, ovvero le Regioni, le Province, i Comuni, enti locali, enti pubblici, la comunità scientifica, il volontariato, gli ordini e i collegi professionali introducendo anche la possibilità per le associazioni private di volontariato di partecipare.

La legge sancì la competenza della Presidenza del Consiglio dei ministri in merito al coordinamento e la promozione delle attività di Protezione civile, stabilendo inoltre la possibilità di avvalersi, per tali finalità, del Dipartimento della protezione civile, istituito presso la presidenza medesima, sottraendo in questo modo la competenza in materia al Ministero dell’interno.

Tutto il sistema di protezione civile si basa sul principio di sussidiarietà. La prima risposta all’emergenza, qualunque sia la natura e l’estensione dell’evento, deve essere garantita a livello locale, a partire dalla struttura comunale, l’istituzione più vicina al cittadino. Il primo responsabile della protezione civile è quindi il Sindaco: in caso di emergenza assume la direzione e il coordinamento dei soccorsi e assiste la popolazione, organizzando le risorse comunali secondo piani di emergenza prestabiliti per fronteggiare i rischi specifici del territorio.

Quando un evento non può essere fronteggiato con i mezzi a disposizione del comune, si mobilitano i livelli superiori, attraverso un’azione integrata, della Provincia, della Prefettura, della Regione e del Governo. Questo complesso sistema di competenze trova il suo punto di collegamento nelle funzioni di impulso e coordinamento affidate al Presidente del Consiglio dei Ministri.

La legge 225/1992 definisce le attività di protezione civile: oltre al soccorso e alle attività volte al superamento dell’emergenza, anche la previsione e la prevenzione. Il sistema non si limita quindi al soccorso e all’assistenza alla popolazione, ma si occupa anche di definire le cause delle calamità naturali, individuare i rischi presenti sul territorio e di mettere in campo tutte le azioni necessarie a evitare o ridurre al minimo la possibilità che le calamità naturali provochino danni.

Gli eventi calamitosi vengono classificati, per estensione e gravità, in tre diversi tipi. Per ogni evento si individuano i competenti livelli di protezione civile che devono attivarsi per primi: a (livello comunale), b (provinciale e regionale) e c (Stato). In caso di evento di “tipo c”, che devono essere fronteggiati con mezzi e poteri straordinari, la competenza del coordinamento dei soccorsi viene affidata al Presidente del Consiglio dei Ministri, che può nominare Commissari delegati. Il Consiglio dei Ministri, su proposta del Presidente del Consiglio, delibera lo stato di emergenza, determinandone durata ed estensione territoriale. Il Presidente del Consiglio può emanare ordinanze di emergenza e ordinanza finalizzate ad evitare situazioni di pericolo o danni a persone o cose.

Presso il Dipartimento della Protezione Civile vengono istituiti la Commissione Nazionale per la Previsione e la Prevenzione dei Grandi Rischi, che svolge attività di consulenza tecnico-scientifica in materia di previsione e prevenzione, e il Comitato Operativo della Protezione Civile. Vengono definite le Componenti e le Strutture Operative del Servizio Nazionale della Protezione Civile.

Con Il D.P.R. 21 settembre 1994, n. 613 venne emanato il regolamento concernente la partecipazione delle organizzazioni di volontariato nelle attività di protezione civile. Il Servizio Nazionale riconosce le iniziative di volontariato civile e ne assicura il coordinamento. La Legge 225 inserisce il volontariato tra le componenti e le strutture operative del Servizio Nazionale e stabilisce che deve essere assicurata la più ampia partecipazione dei cittadini e delle organizzazioni di volontariato di protezione civile nelle attività di previsione, prevenzione e soccorso, in vista o in occasione di calamità naturali o catastrofi.

Storicamente la legge 225/1992 rappresenta un momento di passaggio tra la fase accentrata e decentrata: le competenze operative rimangono in capo all’amministrazione centrale e periferica dello Stato, ma per la prima volta aumenta notevolmente il peso delle Regioni, delle Province e dei Comuni, soprattutto per quanto riguarda la previsione e la prevenzione.[10] A partire dai primi anni ’90 la domanda regionalista/federalista condiziona e orienta il dibattito politico. In risposta a questa domanda, governo, parlamento e quasi tutte le forze politiche concordano in un consistente trasferimento di competenze dal centro alla periferia, sulla base dei principi di sussidiarietà e integrazione, in modo da avvicinare la soluzione dei problemi ai cittadini e ai rappresentanti dei cittadini. Di conseguenza alcune importanti funzioni statali passano alle Regioni e agli enti locali e funzioni regionali passano agli enti locali.

In questo contesto viene ridefinita anche la materia della protezione civile. Il decreto legislativo n. 112 del 1998 – attuativo della legge Bassanini – ridetermina l’assetto della protezione civile, da un lato trasferendo importanti competenze alle autonomie locali – anche di tipo operativo – e dall’altro introducendo una profonda ristrutturazione anche per le residue competenze statali. Il quadro normativo di riferimento resta sempre la legge 225/1992.

La protezione civile viene considerata materia a competenza mista: alle Regioni e agli enti locali vengono affidate tutte le funzioni ad esclusione dei compiti di “rilievo nazionale del Sistema di Protezione Civile”.
Secondo la legge 225/1992, le strutture operative che costituiscono il sistema della protezione civile sono: le forze armate italiane,le forze di polizia italiane, il Corpo Nazionale dei Vigili del Fuoco, la Croce Rossa Italiana (CRI), il Servizio Sanitario Nazionale (SSN), i gruppi di ricerca scientifica, le associazioni di volontariato

A livello locale, ogni Regione, nel rispetto delle competenze, favorisce nei modi e con le forme opportuni, l’organizzazione di strutture comunali di protezione civile. Esse provvedono all’ordinamento degli uffici ed all’approntamento delle strutture e dei mezzi necessari per l’espletamento delle attività di protezione civile.Le provincie, sulla base delle competenze ad esse attribuite partecipano all’organizzazione ed all’attuazione delle attività di protezione civile. A tal fine presso ogni provincia è istituito un Comitato provinciale di protezione civile, presieduto dal presidente della provincia, o da un suo delegato, e da un rappresentante del prefetto. Questi predispone un piano per fronteggiare l’emergenza su tutto il territorio della provincia e ne cura l’attuazione, esercitando le funzioni attribuitegli dalla legge.

Ogni comune italiano può dotarsi di una struttura di protezione civile.Il sindaco è autorità di protezione civile, egli assume la direzione ed il coordinamento degli interventi a soccorso ed assistenza della popolazione.Concorrono infine all’attività di protezione civile i cittadini ed i gruppi associati di volontariato civile, nonché gli ordini ed i collegi professionali.

 

 

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