Sorbillo , Napoli colpita al cuore. L’apertura de Il Mattino . “In prima linea da sempre contro la camorra”

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Sorbillo , Napoli colpita al cuore. L’apertura de Il Mattino principale quotidiano della Campania . Luciano Pignataro riesce a intervistarlo
«Quando il cellulare ha squillato mentre dormivo ho subito pensato ad un guaio. Mi hanno avvisato dei danni alla pizzeria storica di via dei Tribunali. Mi sono vestito subito e sono sceso da casa mia al centro. Le strade erano deserte e mi è tornato un incubo di tanti anni fa». Risponde da Milano Gino Sorbillo dove ieri mattina ha voluto comunque andare in compagnia dei genitori così come programmato.
Che incubo?
«Io piccolo vicino a mio padre che aveva appena riavviato l’attività. I bulli che entrano, ordinano da mangiare e vanno via senza pagare. Allora via Tribunali non è come oggi, un luogo per turisti ricco di attività. I vicoli erano bui e le staffette dei motorini andavano su e giù per controllare il territorio. A me e mio padre ci tolleravano perché eravamo del quartiere, non ci hanno mai chiesto il pizzo, ma spesso entravano, facevano gli sbruffoni per dimostrare chi comandava davvero, chi aveva il controllo del territorio».
Cosa è successo quando sei arrivato?
«Il vigilante che era dentro i locali mi ha raccontato di aver sentito una forte esplosione intorno all’1,30. Per fortuna non era vicino alla porta e non si è fatto niente. Anche i danni sono pochi, stavamo facendo piccoli lavori di aggiustamento dei locali e avremmo riaperto lunedì prossimo».
Che spiegazione ti dai?
«In questi casi si pensano mille cose. Un balordo, un invidioso, qualcuno a cui do fastidio, magari senza saperlo. La gente di questi tempi è strana, c’è tanta rabbia verso chi è conosciuto, chi ha successo. Non voglio pensare ad una ritorsione».
Per cosa?
«Non è un mistero per nessuno che sono in prima linea da sempre per la legalità e contro la camorra. Alla fine la partita che si sta giocando a Napoli è questa. Da tre anni la città scoppia di turisti, le attività ristorative vanno bene e la pizza sta volando. Per la prima volta da quando sono nato i ragazzi vengono tolti dalla strada per far fare loro un lavoro vero che gli regala tanta dignità e tanto entusiasmo. Noi siamo stai il primo faro che si è acceso a via Tribunali, dopo di noi tanti hanno preso coraggio e, anche grazie ai social, la realtà è completamente cambiata. Adesso oltre agli studenti qui ci sono davvero tanti turisti e a nessuno succede mai niente».
Quindi tu ti senti di escludere una richiesta di pizzo?
«Non credo sia questa la zona, noi non solo non abbiamo mai pagato nessuno ma soprattutto non abbiamo mai avuto richieste. Questa è la vecchia camorra che ormai è sparita, i veri soldi si fanno con la droga. Forse qualche sbandato, qualche tossico, ci può provare ma non fanno paura a nessuno».
In questi anni tu sei diventato un imprenditore con numerose aperture a Napoli, Milano, New York e tra poco anche a Roma. Questa tua crescita non può aver ingenerato qualche appetito in chi ti conosce?
«Io credo che si tratti di un attacco a un simbolo, non tanto a me personalmente. Con la mia attività ho dimostrato che a Napoli si può vivere tranquillamente come in qualsiasi altra città italiana. Abbiamo contribuito con la mia e le altre attività alla rinascita stessa del centro storico dove prima c’era il coprifuoco, Il segnale potrebbe essere: lo abbiamo fatto a Sorbillo, può succedere a tutti voi che non siete così famosi. Io a tutti dico: la migliore cosa è denunciare subito. Si tratta di guappi che ci provano e non bisogna averne paura. Essere fermi di fronte alle provocazioni, non cadere nella trappola della rissa, non rivolgersi ad altri che non siano le forze dell’ordine».
Del resto non è la prima volta che ti succede qualcosa. Cinque anni fa ti incendiarono la porta proprio mentre c’erano altri lavori in corso.
«Si, abbiamo reagito ricostruendola ed aprendola. Così faremo anche adesso, continueremo a lavorare perché siamo fortunati a farlo in una città bella e viva come Napoli».
Non pensi che ci possano essere contraccolpi di immagine dopo questa bomba?
«Assolutamente no se si reagisce fermamente. Fuori da Napoli si deve capire che la Napoli legale, quella che lavora, si alza presto la mattina e che torna tardi la sera, sta crescendo ed è sempre più forte, un esempio per tutti i giovani che cercano scorciatoie per poi ritrovarsi in un vicolo cieco e senza speranza».
Cosa dicono gli inquirenti?
«Stanno analizzando i video di una dozzina di telecamere piazzate nella zona. È stato visto un individuo passare due o tre volte davanti alla pizzeria per poi avvicinarsi improvvisamente e far esplodere la bomba. Io credo che alla fine sarà individuato e allora sapremo se si tratta solo di un pazzo o se è stato andato da qualcuno».
Tu sei stato un modello per tanti giovani che si sono avvicinati al mondo della pizza. Ma negli ultimi tempi ci sono polemiche eccessivi, fermenti non positivi. Qual è a tua valutazione?
«Il movimento della pizza è stato fondamentale per togliere tanti giovani dalla strada. Ancora oggi c’è richiesta di lavoro, un lavoro che oggi fa viaggiare, fa guadagnare e che riesce a dare soddisfazione. Vedo però, soprattutto tra i giovanissimi, troppa fretta, troppa ansia di successo, tanta gente che si chiamare maestro senza aver alcun titolo. Insomma, bisogna tornare un po’ tutti con i piedi per terra. E questo episodio ce lo conferma».
Ora sei a Milano con i tuoi genitori
«Pensa, avevamo in programma questo viaggio da tempo profittando della chiusura perché mio padre e mia madre non vedevano Milano da decenni. E devo dire la verità, non ci ho voluto rinunciare anche se sono pronto a rientrare in qualsiasi momento se me lo dovessero chiedere gli inquirenti. E comunque sabato sono qui a Napoli. Certo a qualcuno è sembrato strano che sono andato via, ma non c’è relazione».
Sempre determinato a restare o questa bomba ti ha scosso?
«Mi ha innervosito, ma io sono testa dura, quando mi metto un obiettivo davanti non ci rinuncio. Amo Napoli, non potrei mai vivere altrove e ai tanti che mi hanno chiamato da tutta l’Italia ho detto: venite, non c’è nessun rischio. Non più di quelli di una qualsiasi grande città italiana almeno». Questi sono gli scenari raccontati da Leandro del Gaudio Leandro Del Gaudio
Hanno deciso di alzare il tiro, in modo da passare all’incasso con una posta più alta. Hanno assistito in silenzio al volume di affari che si è abbattuto negli ultimi mesi tra i vicoli dei Decumani, alle lunghe attese all’esterno delle pizzerie, ma anche alle file di fronte a qualsiasi buco dove si vendesse cibo. E hanno capito che era venuto il loro momento, quello di farsi avanti, di approfittare del vuoto di boss patentati, ma anche della crisi dei loro capi, quelli del cartello dei Sibillo. Racket sulle pizzerie o meglio, racket sul food, che da queste parti chiamano «’o fud», in uno slang figlio della deriva turistica di questi ultimi anni. È questa la pista battuta dalla Dda di Napoli per ricostruire moventi e responsabilità della bomba carta esplosa la scorsa notte all’esterno della pizzeria Sorbillo.
I PRECEDENTIRacket sulle pizzerie, racket sul food venduto ad ogni angolo del centro storico, un vecchio pallino della camorra cittadina. Altro che droga, altro che piazze di spaccio. Aprile del 2012, la retata contro i Del Prete e i Ferraiuolo, i primi legati ai Mazzarella, i secondi con una vocazione di autonomia. Pochi anni dopo, tocca ai Sibillo e alla paranza dei bimbi, proprio durante le vacanze di Natale. Prima gli spari in aria lungo San Gregorio Armeno da parte di un giovane pistolero in sella a uno scooter – siamo nel 2015 – poi un grande summit organizzato a pochi passi dei Decumani. Turisti terrorizzati, non era il set di un film. Era la zona di Emanuele e Pasquale Sibillo, il primo ucciso a giugno del 2015, il secondo in cella, gli stessi presenti all’interno di un appartamento dove c’erano tutti i rappresentanti di una certa camorra: i Bosti-Contini, ma anche gli scissionisti, per arrivare ai Rinaldi, segno evidente che quello spaccato di Napoli – il corpo di Napoli – fa gola ai pezzi da novanta.
Oggi sono tornati. E c’è aria di guerra tra i due più potenti schieramenti che si contendono parti dell’area metropolitana. Parliamo dei Rinaldi (a cui sono storicamente legati i Sibillo) e i Mazzarella, che vantano ramificazioni dal centro alla periferia. Due famiglie di San Giovanni a Teduccio, che si fronteggiano un po’ dappetutto con gli stessi mezzi. Ricordate cosa accadde la notte tra il nove e il dieci novembre del 2017? E ancora lo scenario di guerra del 16 giugno del 2018? Stesse dinamiche, stesso esplosivo: le bombe distruggono lo Shabby caffè di via Pessina e lo Shabby caffè di via Toledo. Bombe che per poco non provocarono il coinvolgimento di passanti, in una guerra culminata in omicidi e agguati anche in altri angoli della città. Ne abbiamo parlato nell’edizione di ieri, a proposito della fuga di Ciro Rinaldi («mauè») e dell’arresto di quattro suoi affiliati (tra cui due donne) per l’omicidio di Roberto De Bernardo. Fu ucciso a novembre del 2015, per aver ospitato uno dei killer di Emanuele Sibillo, in uno scenario utile per capire cosa sta accadendo in questi mesi a Napoli: i Rinaldi di Napoli est vendicarono Emanuele Sibillo (ucciso nella zona dei Tribunali) con un agguato a Mariglianella. Un domino impazzito che si gioca sull’intera area metropolitana.
INTERROGATORIMa torniamo alle indagini sulla bomba carta contro la pizzeria di Gino Sorbillo. Indagini condotte dal pm anticamorra Celeste Carrano, sotto il coordinamento del procuratore aggiunto Giuseppe Borrelli, la pista del racket è quella principale. Ieri sono stati ascoltati alcuni commercianti della zona, al lavoro la Mobile del primo dirigente Luigi Rinella, si lavora anche su alcuni precedenti registrati in un recente passato. Come gli spari nella strada dove abitava Emanuele Sibillo e dove ancora oggi viene ricordata la sagoma del boss ventenne che si mise a capo della paranza dei bimbi, seminando il terrore nel cuore del centro storico.
C’è un’ipotesi di partenza, legata sempre e comunque al movente estorsivo: nessuno denuncia, ma in tanti pagano il pizzo, in tanti hanno ricevuto prestiti o locali ad uso commerciale per dare inizio ad una attività, quanto basta a rimanere legati a doppio filo a una camorra sempre più imprenditoriale. Inchiesta sulle nuove leve, sugli ultimi colpi messi a segno dalla paranza dei Sibillo, clan sfilacciato ma sempre più bisognoso di soldi e sempre più protetto dall’alleanza con i Rinaldi e altri clan cittadini: tutti lì in attesa di mettere le mani sul boom turistico anche grazie al food napoletano.

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