Massa Lubrense / Cardito. Giuseppe poteva essere salvato! I sospetti del pm sulla mamma

Massa Lubrense / Cardito. Giuseppe poteva essere salvato! I sospetti del pm sulla mamma . Comincia a delinearsi un quadro a tinte ancora più fosche per la tragedia avvenuta a Cardito, che vede coinvolti la mamma e tre bambini di Massa Lubrense, nati a Vico Equense, trasferitisi meno di un anno fa dalla Costa di Sorrento, una delle zone più ricche della Campania all’entroterra di Napoli . Stando a quanto emerge dalle indagini  Giuseppe poteva essere salvato. La sua agonia potrebbe essere durata un paio d’ore. Con la mamma, e il patrigno, che avrebbero cercato di medicarlo. Istantanee dell’orrore dell’ultima domenica mattina di vita del bimbo di sei anni ucciso a bastonate dal compagno della mamma. Ma il quadro è forse ancor più tremendo.   La mamma non solo era presente quando Tony Sessoubti ha picchiato due dei suoi tre figli, ma non ha fatto niente neanche quando il bambino ha perso i sensi ed è iniziata la sua lenta agonia, scrive Mary Liguori su Il Mattino. Ci sono due momenti nella trama dell’orrore di Cardito sui quali i dubbi sono pochi e dentro i quali s’incastrano le responsabilità di Valentina Casa, la mamma del bambino, che ancora non ha un avvocato e quindi va considerata, al momento, non indagata. Quei due momenti li scandiscono la telefonata che Tony ha fatto a sua sorella, alle 10 di domenica, e l’arrivo della madre del 24enne a casa della coppia, alle 12.30.
LA RICOSTRUZIONE
Alle 10 di domenica Tony ha chiamato la sorella, non si sa cosa le abbia detto, ma siccome il fratello e la compagna di recente litigavano spesso, la donna non si è allarmata. Poco prima di pranzo, alle 12.30, la madre del ragazzo è andata a casa dei due e ha chiamato polizia e ambulanza. Per Giuseppe era già troppo tardi. Su quelle due ore e mezzo farà luce l’autopsia, disposta dal pm Paola Izzo e attesa per oggi, massimo per domani. Si chiarirà se Giuseppe è morto sul colpo o se poteva essere salvato. Se, insomma, sua madre non solo non è riuscita a difenderlo dalla furia del compagno, ma non ha mosso un dito neanche quando il pestaggio era ormai concluso. E poi già sabato i due bambini erano stati picchiati dal patrigno. Saltavano sul letto della cameretta che Tony aveva da poco comprato. Domenica, il secondo e fatale round, questa volta a colpi di mazza. Tony ha dichiarato di aver perso il controllo perché i bambini «facevano chiasso». E li ha presi a pugni e a calci. Noemi, la sorellina di Giuseppe, è viva per miracolo. A sette anni è superstite e unica testimone credibile del massacro. Ieri mattina c’è stato il primo approccio con il pm e con la psicologa. La bimba è molto provata, non vuole parlare di ciò che è accaduto. Quando sarà pronta, i magistrati disporranno l’interrogatorio ufficiale, in modalità di incidente probatorio. Per ora resta al Santobono, poi andrà in casa famiglia. Fino all’interrogatorio non potrà incontrare nessuno dei suoi parenti, neanche il padre biologico, per evitare condizionamenti esterni sui suoi ricordi già messi a dura prova dal trauma.
ACCERTAMENTI A SCUOLA
Le responsabilità, dunque, vanno ricercate anche altrove. Se per Tony Sessoubti oggi l’udienza di convalida dinanzi al gip fisserà un quadro proiettato verso il processo, vista anche la confessione, per la sua compagna il futuro già dilaniato dalla perdita del figlioletto è tutto da scrivere. La Procura di Napoli Nord, diretta da Francesco Greco, mira a chiarire se ci siano stati precedenti maltrattamenti nei confronti della donna e dei suoi figli. Il bambino, da ottobre, frequentava la scuola De Amicis di Crispano. Qui, a quanto pare, nessuno avrebbe mai notato segni di violenza o atteggiamenti che potessero far sospettare che il piccolo subiva abusi. Eppure gli esperti escludono che la violenza di Tony sia esplosa senza preavviso. Vicini di casa ne parlano come di un ragazzo difficile che, però, nonostante il suo status di ambulante abusivo di biancheria, si occupava economicamente sia della compagna che i tre figli di lei. Da settembre vivevano insieme, spesso, negli ultimi tempi, lui perdeva il controllo. Qualcuno riferisce di lividi sul corpo di Giuseppe già nei mesi scorsi, eppure non ci sono denunce, né segnalazioni ai servizi sociali. Ma come spesso si è visto in questi anni, accade non di rado che il sistema si inceppi o che sia inefficiente. Lo sa bene la Procura di Aversa che si è occupata del drammatico caso di Fortuna, la bimba violentata per mesi e uccisa nel 2014 al Parco Verde di Caivano. Le figliastre del suo assassino, per il quale di recente la condanna è diventata definitiva, erano a loro volta abusate dall’orco e sono state loro a ricostruire lo scenario dentro il quale trovò la morte la loro amichetta. Di recente quelle tre coraggiose bimbe sono state adottate, grazie al loro racconto una rete di pedofili attiva nel Parco Verde è stata smantellata. Nessuno, né le maestre, né gli assistenti sociali, tantomeno i familiari sono riusciti a tutelarle, Fortuna è morta per responsabilità collettive. Forse anche Giuseppe.

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