Ansia da Whatsapp , Oggi lo stress è digitale

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    olo pochi anni fa, quando qualcuno voleva comunicare con il proprio partner, cercava un telefono – forse pubblico, con le monete – e chiamava direttamente il numero fisso. In molte occasioni, la persona non era in casa o non poteva rispondere e ci si doveva accontentare di riprovare. Fine della storia, non c’era molto da fare. Quelle erano le regole e non c’era altro da fare che rispettarle.

    Ma sembra che le regole siano cambiate
    Dal nuovo millennio e in particolare negli ultimi cinque anni, i mass media hanno drasticamente modificato il modo in cui la coppia moderna stabilisce la propria relazione. Smartphone, social network e applicazioni sempre più potenti riducono virtualmente i confini che separano il concetto di relazione e il diritto alla privacy personale.

    Tuttavia, all’improvviso sembra che, a causa del fatto che i social network o le applicazioni ci permettono di essere in contatto in tempo reale e immediatamente e conoscere tutti gli aspetti della loro vita, questo ci dà il diritto di diventare una specie di cyberspioni. Lo scontrismo elettronico, quello che nasce dall’esigenza apparentemente incontrollabile che alcune persone hanno dell’essere consapevoli di quel che il loro partner fa in ogni momento della giornata e di assumerne il controllo tramite applicazioni o social network, è cresciuto in modo allarmante con risultati dannosi non solo per le persone che subiscono questo tipo di “molestie”.

    La costante intrusione nei profili Facebook dei partner ha causato una costante sofferenza e insoddisfazione nei confronti della relazione. Altri studi propongono la teoria secondo l a quale Facebook stia cominciando a creare disturbi psichiatrici basati sull’ansia.

    L’effetto doppio controllo
    Quindi, c’è uno schema indiscutibile: la tecnologia influenza fortemente le persone a livello emotivo. Forse uno dei casi più famosi e recenti – e che tocca direttamente le relazioni di coppia – è quello della famosa applicazione di messaggistica istantanea Whatsapp. Con oltre un miliardo di utenti, è il sistema di comunicazione più utilizzato al mondo. E, a quanto pare, anche uno di quelli che più influisce sul rapporto e provoca ansia.

    Uno studio ha rivelato che Whatsapp ha spinto circa 28 milioni di utenti alla fine della loro relazione a causa dell’ansia – e i suoi conseguenti effetti. Ma indipendentemente dal fatto che quei 28 milioni di rotture fossero vere, è un dato di fatto che i cambiamenti emotivi nelle persone che hanno usato l’applicazione siano ulteriormente migliorati quando WhatsApp ha riferito che il sistema annunciava la ricezione di un messaggio per mezzo di un doppio controllo, ora contrassegnato con la doppia spunta blu. Se a questo si aggiungono le notifiche che avvisano “ultima connessione a…” e “online”.

    Quindi, i risultati non hanno disatteso quanto era già risaputo ed è apparsa evidente quella che è stata chiamata “sindrome da doppio controllo” , che si verifica negli utenti che manifestano sintomi inequivocabili di ansia dopo che le due spunte blu appaiono e non ricevono risposta.

    Questa sindrome può includere cinque tipi di sintomi:

    I primi sono quelli psicologici come il sopraffare, il sospetto, la paura di perdere il controllo della relazione o l’insicurezza;
    i secondi sono quelli fisici come sensazione di vuoto nello stomaco, sudorazione, tachicardia o affaticamento;
    il comportamento, per esempio ipervigilanza, impulsività o goffaggine nell’agire;
    sintomi cognitivi che includono difficoltà di concentrazione, preoccupazione eccessiva, interpretazioni errate e uno stato permanente di confusione;
    infine, ci sono quelli sociali come l’irritabilità, il blocco durante la risposta o l’eccessiva paura dei conflitti.
    Chi rinuncia si salverà. Ma non sarà una sconfitta, semmai una conquista. Di libertà. Quella di rispondere o non rispondere a un messaggio, o di farlo quando è meglio. Un meglio soggettivo: lo decideremo noi. È questa la vera sfida da vincere, in epoca di «sovraccarico informativo, istantaneo e quotidiano», per usare le parole di Giovanni Boccia Artieri, sociologo dei media digitali all’Università di Urbino Carlo Bo. Perché oggi più che mai ci stiamo rendendo, più che reperibili, sempre più disponibili a comunicare.

    Non solo telefonate
    Il telefonino non è più uno strumento per essere rintracciati, ma un «hub» multimediale, uno snodo trafficatissimo di email, sms, messaggi istantanei. Se nel 2015 un americano medio dichiarava di ricevere ogni giorno 86 email di lavoro, in tre anni le cose sono cambiate in peggio. E infatti non è un caso che proprio negli Stati Uniti abbiano cominciato a ignorare l’assalto dei messaggi, di qualunque tipo e su qualunque piattaforma. Pagandone un prezzo: l’ansia. «Abbiamo creato un ambiente in cui le persone credono di poter ricevere una risposta all’istante. Quando non succede, entrano in ansia», ha spiegato all’Atlantic l’«antropologa digitale» Sherry Turkle. Un costo tutto sommato accettabile se si impara a scartare: a trasformare, cioè, quello spazio mentale in cui ci sentiamo sotto assedio, nell’avamposto di una nuova comunicazione digitale.

    L’equivoco di essere faccia a faccia
    «Mentre all’estero si sta già sviluppando il tema del detox, della disintossicazione dalla comunicazione attraverso corsi e buone pratiche negli uffici, in Italia manca un’etica adeguata. È un problema culturale di apprendimento, al quale dobbiamo cominciare a trovare soluzioni», prosegue Boccia Artieri. L’equivoco di fondo è che ci aspettiamo una risposta immediata dal destinatario di un messaggio, come se fosse lì di fronte ai nostri occhi. «È un processo cognitivo automatico messo in atto dal cervello, lo stesso che si genera in un faccia a faccia», spiega Giuseppe Riva, psicologo dei nuovi media alla Cattolica di Milano. Ma obiettivamente è troppo aspettarsi che chi «spunta» il nostro messaggio su WhatsApp ci risponda in 200 millesimi di secondo, come farebbe se fosse a 70 centimetri dal nostro naso.
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    Sopravviveremo, Gloria Gaynor lo va cantando da quarant’anni, quando gli smartphone non erano neanche immaginati. Però bisogna applicarsi un poco. Disabilitando le notifiche, per esempio, almeno nel weekend o durante le vacanze: così non saremo distratti da «bing» vari o improvvise illuminazioni dello schermo del telefonino mentre siamo al cinema (anche i vicini di posto ci saranno grati) o sotto un cielo stellato. Ci si può dare un limite anche per rispondere alle email aziendali (che peraltro possono essere disattivate temporaneamente). «Chi lavora il sabato mattina è libero di scriverci, ma deve mettere in conto che risponderemo il lunedì. Ed entrambi gli interlocutori devono imparare a gestire l’ansia dell’attesa», insiste Boccia Artieri.

    Scegliere i tempi
    Le intrusioni non sono solo professionali. Pensiamo ai gruppi di WhatsApp nei quali ci troviamo nostro malgrado iscritti: condominio, scuola, piscina, palestra. «Intanto si può uscire da questi gruppi. O altrimenti basta silenziarli», ricorda Riva. Il che implica usare a proprio vantaggio le impostazioni di privacy di tutte le applicazioni che usiamo: su WhatsApp, per restare in tema, si può scegliere di togliere la «spunta azzurra» alla lettura dei messaggi. «Ma forse questo assomiglia a una sconfitta», ci fa notare Alberto Marinelli, esperto di processi culturali e comunicativi della Sapienza di Roma. Perché non bisogna scappare: «Le nuove tecnologie permettono di stabilire i tempi dell’interazione. E questo è soprattutto un vantaggio»

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