Agerola , il sindaco Luca Mascolo disse “Ti tiro le orecchie” all’indagato Greco . Intercettazioni a gogò anche di persone estranee

Agerola , il sindaco Luca Mascolo disse “Ti tiro le orecchie” all’indagato Greco . Intercettazioni a gogò anche di persone estranee su questa vicenda. Ci si gioca e si può giocare molto sulle intercettazioni di questa vicenda di camorra sull’imprenditore indagato di Castellammare di Stabia . Ora esce fuori anche il nome di Luca Mascolo, sindaco della cittadina della Costiera amalfitana, organico anche se non di provincia di Salerno , la Svizzera della Campania, ma nessuna indagine su di lui, eppure, essendo uno dei politici più noti del Sud Italia , fa notizia, ma ovviamente bisogna stare attenti a come si riporta. Ecco cosa scrive Francesco Vitale di Stylo 24

Nel brogliaccio inserito nell’informativa di polizia giudiziaria relativo all’operazione Olimpo, c’è anche la trascrizione di una telefonata intercettata tra Adolfo Greco e il sindaco di Agerola, Luca Mascolo, (al suo primo mandato, all’epoca dei fatti considerati). Quest’ultimo, è bene sottolinearlo, non è indagato nell’ambito dell’inchiesta che il 5 dicembre scorso ha portato all’arresto, oltre che del «re del latte», di altre dodici persone, considerate vicine ai clan dell’area stabiese.

TUTTO NASCE,
ANNOTANO GLI INQUIRENTI,
DALLA TELEFONATA
CHE UMBERTO CUOMO
(PREGIUDICATO RITENUTO PERSONA DI MASSIMA FIDUCIA DEGLI AFELTRA) FA ALL’IMPRENDITORE GRECO, IL 25 MARZO DEL 2014, INFORMANDOLO CIRCA IL «DINIEGO CHE LA SOPRINTENDENZA
DI NAPOLI AVEVA ESPRESSO SU UNA PRATICA EDILIZIA RELATIVA ALLA RISTRUTTURAZIONE
DI UN FABBRICATO AD AGEROLA»

«Questa richiesta di intervento da parte di Cuomo – è scritto nell’informativa di pg – confermava ancora una volta che Greco metteva a disposizione la propria rete di conoscenze alla “gente di Pimonte” (gli Afeltra, ndr)». In particolare il 9 aprile del 2014, viene registrata un’altra conversazione telefonica tra Cuomo e Greco (difeso dagli avvocati Vincenzo Maiello e Michele Riggi).

La conversazione tra Adolfo Greco e Luca Mascolo
Cuomo dice di trovarsi «sopra dal sindaco e vuole domandarvi un attimo una cosa». A questo punto passa il cellulare a Luca Mascolo che rivolgendosi a Greco, afferma: «Ti devo tirare le orecchie… non sei venuto a salutarmi». Il riferimento è, annotano gli inquirenti, a una precedente episodio, risalente a qualche giorno prima.

«L’avvocato Alberto Vitale (anche per quanto riguarda quest’ultimo, è da sottolineare che non è indagato nell’ambito dell’inchiesta Olimpo) si recava al Comune di Agerola insieme a Greco Adolfo per “sistemare” quella pratica di Cuomo Umberto con la Soprintendenza», è scritto ancora nell’informativa. Nel documento di polizia giudiziaria è annotato pure che «il 30 maggio 2014, a distanza di poco più di un mese dopo dall’intervento di Vitale e Greco al Comune di Agerola, Cuomo Umberto otteneva il parere favorevole dalla Soprintendenza e telefonava al Greco per informarlo in merito».

E’ bene sottolineare ancora una volta
che i nomi delle persone
che compaiono nell’informativa di polizia giudiziaria
sono riportati da Stylo24
esclusivamente per dovere di cronaca
Le persone citate non sono indagate, sono estranee ai fatti, né sono coinvolte nella presunta attività illecita che vede invece coinvolto Adolfo Greco e gli altri indagati nell’inchiesta che li riguarda. Nel frattempo, restando sul fronte stabiese, e in particolare su quello al confine con Pompei (e quindi riferendoci all’organizzazione malavitosa dei Cesarano), la guardia di finanza ha sequestrato, nella città mariana, due attività commerciali, per un valore complessivo di 120mila euro, ritenute riconducibili proprio al clan di Ponte Persica.

Il sequestro di due società riconducibili al clan Cesarano
I militari della compagnia di Castellammare di Stabia hanno dato esecuzione ad un decreto di sequestro ai sensi del ‘codice antimafia’ emesso dalla sezione per l’applicazione delle misure di prevenzione del Tribunale di Napoli su proposta della Procura distrettuale antimafia. Le due società, secondo gli inquirenti, susseguendosi tra loro, gestivano un bar intestato formalmente ad un prestanome ma ritenuto di fatto – dalle fiamme gialle – di proprietà di Giovanni Cesarano, già noto alle forze dell’ordine, ritenuto appartenente al clan di Ponte Persica.

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