Napoli sottotono Semplici ci crede ma Albiol e Meret salvano il Napoli foto

3 Gare senza gol subiti Il Napoli ha mantenuto la porta inviolata per tre partite di fila in campionato: i partenopei non ci riuscivano da gennaio

1 Rete di Albiol Primo gol in questo campionato per il difensore del Napoli Raul Albiol che in Serie A non segnava dallo scorso maggio

La squadra di Ancelotti fatica ma alla fine si prende tre punti importanti

Rete di Albiol e super parata su Fares a 40 secondi dalla fine: battuta la Spal

Raul Albiol, 33 anni, festeggiato dai compagni dopo il gol che vale il successo Getty
L’ultimo pallone, e mancavano quaranta secondi, è perfido e velenoso: è un concentrato di cattivi pensieri che restano lì, a galleggiar nel nulla, è un’aritmia che prende il San Paolo e lo lascia deambulare nel vuoto. E però anche altro: è una parabola per uscirsene dall’inferno, per sfuggire alla (mala)sorte e lanciarsi nell’universo stellato d’un uomo già fatto e finito, avrà pure solo ventuno anni, ma si vede a occhio nudo che si sia dinnanzi ad un fenomeno. L’ultimo pallone è tormento ma anche estasi, è fierezza e orgoglio, però anche rabbia e dolore, è una vita che Alex Meret va a riafferrare, per lanciarsi nella gloria e assorbirla, respirarla, godersela. L’ultimo pallone che Fares scova dal mischione e dalla nebbia di una partita stranissima, proprio una di quelle che chiamano sporche e che in prossimità del Natale escono così, come insospettabili regali, sta finendo lì, nell’angolino, e ormai sembra (quasi) dentro, una carezza per la Spal e una pugnalata per il Napoli stralunato e disadorno: ma il talento ha un senso, lo percepisci, s’è appena saggiato nella chiusura apparentemente normale su Paloschi, quando Meret emerge dal proprio tunnel, va giù, allunga le mani, e ricaccia fuori tutto quello che porta dentro di sè, la tristezza e la malinconia, i retropensieri e pure il dolore fisico.
CAPOLAVORO. Questi si chiamano capolavori, senza se e senza ma, raccontano la lucidità e l’esuberanza tecnica d’un giovanotto che è nato campione e ora deve dimostrare di esserlo: quella prodezza è un architrave per conquistare il futuro ma anche un solenne aiuto per quel Napoli distratto, a cui basta il minimo sindacale per stare là dove vuole essere, adesso addirittura con 8 punti in più dell’Inter, affinché possa credere in qualcosa. Ma è stata un’ora e mezza di difficoltà sparse, forse sarà il virus che trasmettono le provinciali, e le statistiche magari diffondono sicurezze mai avvertire pure nel 62% di possesso palla, nelle 24 conclusioni, nel controllo di una sfida che il Napoli non ha mai saputo chiudere, né ha dato l’impressione di saperlo fare.

PARADOSSO. Il pullman della Spal dinnanzi alla propria area ci sta, lo suggeriscono certi valori, però il palleggio sotto ritmo del Napoli ha provveduto ad avvicinare le distanze, lasciando a Semplici almeno una speranza: per segnare, ci sono voluti quarantasei minuti e l’ennesima palla inattiva (angolo di Mertens, stacco di Albiol), poi è stato titic-titoc un po’ esageratamente cadenzato, soffocato dalle difficoltà di Hasmsik a trovare collegamenti tra le due fasi e a quelle di Rog e Zielinski, ma anche di Ghoulam e delle punte, di produrre strappi, di allargare il San Paolo e semmai di costruire superiorità.
DIGNITOSO. Il Napoli ha occupato lo spazio, non lo ha mai seriamente creato, scovando problemi quando ha tentato di cambiare il gioco, e andando a sbattere nel bunker che Semplici ha rimosso necessariamente nella ripresa, dopo un’ora, sul colpo di testa di Koulibvaly finito fuori d’un palmo. Per dovere, per status e anche per statuto, la partita l’ha dovuta fare il Napoli, per disperazione e anche per orgoglio, poi ha tentato la Spal, che ha vacillato ancora non appena si è allungata (palo di Mertens, con transizione fulminante, al 36′) ma ha resistito ed ha approfittato delle carinerie altrui: queste giornate che quasi per convenzione rischiano di trasformarsi in ossessioni per l’anima e Ancelotti, che lo sa, ha risistemato le distanze (Luperto ad occupare la corsia di sinistra, Diawara dinnanzi alla difesa con la rinuncia a Mertens), ha annusato l’atmosera, quella che a Cagliari, divenne salubre, e però anche una pizzico di fortuna, che lo ha lasciato proiettato nel panorama che gli ha offerto Meret. Babbo Natale è un bambino di ventun’anni, ma non lo sapevamo.

fonte:corrieredellosport

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