Amalfi: Il Mare come risorsa economica di cultura e come marcatore di identità

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Ne ho parlato e scritto in altre occasioni, ma torno volentieri sul tema, come avevo anticipato nel mio recente articolo. Oltretutto lo impone la stagione.

Il mare per Amalfi è un forte ed insostituibile marcatore di identità. Lo è certamente per quella magica “reciproca metamorfosi tra terra ed acqua” che fa del grappolo di case un cespo di coralli riemerso e degli scogli intagliati e levigati dal vento e dall’onda, pinnacoli gotici a trafiggere il cielo.Lo è ancora per quel libro pietrificato della costa, le cui pagine spigolose nascondono ed insieme disvelano anse e cale che sono letti d’amore nella gloria del sole o nel fuoco della luna. Ma lo è soprattutto per la storia e per le storie che racconta, per chi abbia orecchio aduso all’ascolto immaginario, quando l’onda ricama lievi merletti da sposa alla battigia, rimbomba dolce nel cuore delle grotte, scala furente sciabole di scogli.

E’ fatta di partenze e di approdi la storia di Amalfi sul mare.

Vi approdarono le sirene, creature di grazia e di mistero, miti anfibi, corporei di terra e sguscianti d’acqua, incorporei ed inafferrabili di vento e d’aria, e vi elessero il loro regno di malia e seduzione

Vi approdarono i Padri Greci e Latini con il loro prezioso carico del pantheon di dei ed eroi e vi fondarono “villae” fastose.

Partirono cavalieri e mercanti, a difesa della fede i primi, a conquista di fondachi i secondi, ad orgoglio di protagonismo entrambi.

Approdarono viaggiatori colti e carovanieri del mare, “curiosi” di civiltà i primi, avidi di affari i secondi, ospiti incantati entrambi. E la banchina del porto fu teatro di cerimoniosi incontri di dignitari nel fasto dei costumi a sbrigare “affari” di governo, di mercanti astuti a stipulare contratti vantaggiosi, di faccendieri lesti di mano ad animare suk colorati.

Partì il cardinale Pietro Capuano ad intrecciare reti feconde di diplomazia.

Approdò con la processione festante di imbarcazioni a scortare le reliquie del Santo Patrono.

Partirono i crociati, con fra’ Gerardo Cavaliere, a difesa del Santo Sepolcro.

Approdò Ariodeno Barbarossa, corsaro truce, con fame di bottino, risospinto al largo dal mare imbufalito, su miracolosa disposizione di Sant’Andrea.

Vi approdò ed approda la processione festante di imbarcazioni a scortare il Patrono Sant’Andrea

Ne ripartirono e ripartono, a sciami di giubilo, le barche festonate dei fedeli

Partirono gli emigranti per bisogno, a caccia di fortuna in altri lidi,

 Approdano i nipoti all’entusiasmante e commovente  scoperta delle radici.

Approdarono gli Alleati dell'”Operazione Avalanche”  ad esportare democrazia.

 Ripartirono lasciando “seniorite” senza  onore a baratto di “farenella”, cioccolato e sigarette.

Partono i pescatori a notte fonda, a contare le stelle nel blu-lavagna con occhio attento a fremito di rete.

Approdano cianciole e gozzi a regalare ricchezza di pescato

Partono “vapori” a festa di crociera, a cogliere emozioni costa/costa.

Approdano turisti stupefatti a miracolo di case e di agrumeti.

Partono ragazze, cuore inquieto. accese a fuoco d’occhi saraceni.

Approdano già donne, complici gli anfratti a pelo d’onda.

Ce n’è abbastanza per capire che Amalfi e mare sono un unicum indissolubile per mito, leggenda, storia, lavoro, usi, abitudini di vita. Eppure gli Amalfitani non ne hanno “sfruttato” fino in fondo tutte le opportunità.Ma, quel che è più grave, non difendono nè esaltano il mare come risorsa.Basterebbe che ipotizzassero una FESTA DEL MARE, riscoprendone il valore prismatico come fonte di ispirazione per l’arte (letteratura, pittura, musica, cinema, teatro) per le attività economiche (viabilità, balneazione, pesca, gastronomia, moda, ecc). per lo sport nella sua ricca e varia articolazione.Pescando nei tanti tesori nascosti di questo filone di idagine, di studio e di ricerca, amministratori ed operatori metterebbero in mostra l’anima antica e vera della città e ne farebbero eventi di prestigio lungo tutto l’arco dell’anno.Quel che, a mio modesto avviso, manca, anche e forse soprattuto, nella organizzazione degli eventi, che spesso risultano slegati e posticci, è un filo conduttore che leghi ben salda l’evoluzione della città dalle sue origni mitologiche ai giorni nostri, passando attraverso “l’accavallarsi e turbinar dei secoli::” Ed anche questa sarebbe una bella prova, encomiabile ed oltretutto dovuta, per riscoprire ed esaltare la propria IDENTITA’, sbiadita se non addirittura cancellata, come sostenevo nel mio articolo di qualche giorno fa.Ah, se fossimo meno schiavi del “dio tarì” e più fecondati dai valori eterni della cultura, che connotano da sempre la civiltà di un popolo!!!

Giuseppe Liuccio

 

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