Strage del bus precipitato ad Avellino, per il perito le barriere del viadotto non erano tenute in perfetto stato. La caduta del mezzo causò la morte di 40 persone

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Il pullman di una comitiva di pellegrini di ritorno a Pozzuoli il 28 luglio 2013 sarebbe precipitato dal viadotto autostradale Acqualonga della A16 Napoli-Canosa per un “difetto di risposta strutturale della barriera New Jersey bordo ponte in conseguenza dell’urto esercitato dal bus Volvo”. Un volo di 23 metri nelle campagne di Monteforte Irpino, dal quale uscirono vive soltanto 7 persone. Altre 40 furono dilaniate dall’impatto che ridusse il bus a un cumulo di lamiere, sulle quali penzolava ancora un lembo di barriera. A queste conclusioni e’ giunto il perito Felice Giuliani, nominato dal giudice del tribunale di Avellino Luigi Buono. La perizia, essendo stata completamente ricostruita la barriera, si e’ basata anche su sopralluoghi ma soprattutto su una comparazione tra le tre perizie gia’ acquisite nel corso del processo che dura ormai da oltre un anno e che dovrebbe arrivare a sentenza entro gennaio prossimo. Le conclusioni del docente di ingegneria civile dell’Universita’ di Parma non si discostano di molto da quelle riportate nella perizia disposta nel 2013 dalla procura della Republica di Avellino e affidata agli ingegneri Vittorio Giavotto, Alessandro Lima, Lorenzo Caramma e Andrea Demozzi, secondo i quali i tirafondi che avrebbero dovuto ancorare al suolo i new jersey erano gravemente compromessi e insufficienti a tenere la barriera.Le due perizie non combaciano pero’ sulla velocita’ attribuita al bus al momento dell’impatto: secondo i periti della procura il pullman avrebbe rallentato, per effetto di una sequenza di urti sia contro la barriera centrale spartitraffico, sia contro una decina di veicoli e infine per tre volte contro la barriera a bordo ponte. Per il professor Giuliani l’impatto sarebbe avvenuto a 89 chilometri orari, mentre nella ricostruzione elaborata dai periti della procura il pullman sarebbe stato quasi fermo sull’orlo del baratro prima di precipitare. Sulla velocita’ d’uro la nuova perizia, che sara’ discussa il 12 settembre prossimo nel processo, il perito del giudice sembra avvicinarsi alle conclusioni raggiunte dai periti di.Autostrade per l’Italia, che riconoscono la compromissione degli elementi d ancoraggio ma ritengono che la struttura abbia retto come avrebbe retto una protezione efficiente, poiche’ gli urti sono stati tre in rapida sequenza e a una velocita’ di 80 chilometri orari. I new jersey avrebbero quindi respinto per due volte il bus ma non avrebbero potuto reggere al terzo impatto. Nel processo assieme al proprietario del bus, Gennaro Lametta, che nell’incidente ha perso il fratello Ciro autista della comitiva, anche i vertici di Autostrade per l’Italia, dal direttore di tronco Michele Renzi fino all’amministratore delegato Giovanni Castellucci e ai dirigenti che si sono avvicendati nella programmazione economica e nella gestione della manutenzione. Il nodo che tre perizie, quella della Procura, quella acquisita dagli atti del processo per i risarcimenti civili e quella di Autostrade per l’Italia, non hanno ancora sciolto, dovrebbe essere chiarito dalla quarta perizia. L’accertamento delle responsabilita’ nella morte delle 40 persone dipende in gran parte dal peso nella tragedia della inefficienza accertata di un bus che non aveva un sistema frenante efficiente, che aveva deficit strutturali tali da impedirle la circolazione e di barriere che non avevano un sistema di ancoraggio efficace.

(Rassegna stampa – Fonte Agi)

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