Terni. CAOS, Centro per le Arti Opificio Siri. Mostra “PARALLELI GLOCAL” con opere di Elena Di Felice.

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    Testo di Maurizio Vitiello – Al “CAOS” di Terni “PARALLELI GLOCAL” con opere di Elena Di Felice.

    In anteprima, forniamo questo testo su Elena Di Felice, che sarà inserito in una prossima pubblicazione dedicata all’artista, a latere di una mostra che sarà realizzata a Terni, con inaugurazione sabato 20 ottobre 2018, al CAOS, Centro per le Arti Opificio Siri, che è uno spazio di seimila metri quadri, nato dalla riconversione dell’antica fabbrica chimica e concepito per ospitare la pinacoteca comunale, il museo d’arte moderna e contemporanea Aurelio De Felice, quello archeologico, laboratori, un teatro da trecento posti, un caffè-libreria. Vi sono esposte anche le opere di Orneore Metelli (1872 – 1938), ciabattino ternano scoperto come pittore dal De Felice (1915 – 1996) e ritenuto uno dei più rappresentativi naïfs italiani.

    PARALLELI GLOCAL
    con opere di Elena Di Felice
    di Maurizio Vitiello

    *Elena Di Felice opera alla fine degli anni Ottanta e redige i primi dipinti a olio, che possono essere considerati prove ed esercizi d’accademia; successivamente, guardando se stessa, cerca di delineare una prima figurazione.
    Negli anni Novanta produce centinaia di disegni e col pupazzo a forma di goccia ricorda un mondo ludico-infantile.
    Le “Vignette” e i “Totem” riflettono osservazioni dei disegni dei figli, ma sperimenta su altre gamme di definizione.
    Il pupazzo-goccia nei collages recupera temi socio-politici, nonché ambientali e sportivi, sino a portarsi ad assumere una quota destabilizzante; quasi paventa di essere un intruso, che sollecita, però, riflessioni.
    Dal ’99 ricicla ogni tipo di carta e sfruttando le diverse qualità oggettive e macchinando con colori ottiene risultati luministici variegati.
    Sceglie tra le tante carte dipinte e le immerge nell’acqua e in una frammentazione caleidoscopica ottiene textures frammentate, che incolla su tela, tavola o cartoncino; ci ricorda, per assimilazione comparativa, la moltitudine delle punte di carta bruciate della produzione di Maya Pacifico e il consapevole riciclaggio e riposizionamento nella fattura eletta dell’artista Maria Pia Daidone, ambedue operanti a Napoli, con agganci europei.
    Elena Di Felice operando sul riciclo ottiene chiasmatiche confezioni di visioni.
    Si prepara a riclassificare nuovi alfabeti con accostamenti disparati.
    Arriva allo “strappo” del dipinto su carta, che motiva cambiamenti e sostanzia nuove significazioni.
    La continua rielaborazione degli scarti, delle materie conservate, degli strappi episodici la portano a far dialogare contraddizioni e opposti, in una nuova e continua ricerca di dialoghi, insperati e/o non previsti.

    *Le paginette ecologico-ambientali, che vanno dal 2009 al 2012, sono investite dal simbolico albero.
    Spoglio, nudo, dichiaratamente sincero è trattato col pastello, col pennarello, colla china.
    Alberi e alberi sono stesi su carta recuperata da vecchi libri e quaderni mentre fotografie di fiori, frutta, prati, siepi, oltre a frantumi di pittura e di segni costellano una marea di intenzioni.
    In un caos naturale l’albero s’eleva, si staglia, si stacca in una essenziale nudità, quasi a confermare un ostinato orgoglio, facendo emergere una sua singolarità in un ambiente di affastellamenti e di trattazioni di svolgimenti energici.
    Comunque, la sua attenzione riattiva anche il frammento di carta dipinto che può distinguersi come lembo di terra, stagliata linea, tracciante confine, evidente orizzonte in cui s’inseguono, a scalare, primi piani.
    Vengono fuori paesaggi senza alberi, né città, determinati da galoppanti cromie che intendono consegnare e rimettere in un gioco sottile di rimandi un immaginario che vuole sfidare la realtà.
    I collages con gli alberi indicano isolamenti, scorie d’incomunicabilità mentre nei paesaggi indeterminati ci sono lo scatto per la rinascita, la rivincita, il ritorno vitale.
    I pensieri logici vengono abbandonati per lasciare spazio al recupero della fantasia con ricordi irregolari, ma palpitanti.
    Nelle tele con gli alberi i pensieri si replicano in un flusso di moltiplicazioni, quasi una gemmazione indistinta senza soffi di spiragli.
    Esplora, dal 2009, la plastica fluidità dell’acqua con l’inserimento nei collages della mappatura geografica dei fiumi italiani ed europei, raccolti a guisa di serpentelli febbricitanti, che perforano a macchia un corredo di forme e colori.
    L’ironia solleva il tema dell’inquinamento dei fiumi e la problematica dell’acqua come necessaria risorsa idrica, accanto al termine EAU riferito e legato al profumo francese; ma le bottigliette di profumo, i vasetti di crema, i rossetti e i tubetti stesi con reti da cantiere, ritagli di giornale, sono da leggere come oggetti “inquinanti”, insomma devianti.
    Per il 2011 sono da considerare anche le seguenti opere “Eau de fleur”, “Eau”, “In vetrina”, “Con leggerezza”, “Una sfida”, “Spicchio di Luce”, “Economia globale”, …
    Coll’uso di oggetti comuni e con plurime immagini, estremamente
    differenziate, vuole legare una residuale empatia al suo fronte operativo, tanto per entrare in un’ipotetica, potenziale, virtuale conversazione con tutti; perché tutti avranno avuto a che fare con qualche oggetto, in un modo o nell’altro.
    Segnaliamo che in questo ciclo facevano parte le due tele presentate alla 54^ de “La Biennale di Venezia”, Regioni d’Italia, al Palazzo Collicola di Spoleto, quali “Luminosa Quotidianità” e “Cantiere-Italia, 2009”.
    Dal “Goccismo” in cui si evidenziano pupazzi-goccia avvinti da rami onirici e a pregiudiziali infantili, dal sapore pop, passa a scenette ludiche, sotterraneamente grottesche, per produrre “paginette” marezzate da elementi di un diario di scelte, intimo e complesso.

    *Ora passiamo al periodo “Body and soul”, 2011-2013, in cui situa solinga la donna; nuda, isolata, lontana, separata, diversa dall’insieme agglutinato di figure, segni e disegni.
    Con un fascio proiettato, quale segno di chiarore su un magma indistinto, “salta” su corpi di donna, pupazzi e oggettività diverse e singolari.
    Da ricordare le seguenti opere: “Crocevia di interessi”, “Luna caprese”, “Vie di fuga”, “La grande incognita” e “Choose to be optimistic”, … e etc., per cui ha impiegato foto in b/n, scelte da riviste femminili, di moda, di design, manipolate e fissate, poi, con resina e il colore giallo.
    La nudità della donna non è da intendersi come richiamo sessuale, ma come simbolo sensuale, al contempo, fragile e forte; fragile per il nudo adamitico e forte perché senza veli, belletti, orpelli, sovrastrutture; si mostra semplice, vera, sincera, genuina, autentica.
    Il corpo femminile è posizionato in un caos di forme, figure, segni e disegni, ma, come l’albero e il fiume, risulta pur sempre isolato, anche se serrato da un mondo contaminante, gravido di mille suggerimenti fashion, di appelli mediatici e di segreti da “beauty”.

    *L’artista, dopo il 2010, ha scelto, dall’indistinto insieme della frammentazione cartacea delle figure-simbolo, le silhouettes di giocatori di calcio, e ha prodotto, dal 2013 al 2015, una serie che ha intitolato “Sportivamente parlando”.
    Per il 2014 si possono evidenziare i seguenti titoli: “Passaggi veloci”, “Idea di aggregazione”, “Una breve partita”, “Il ciclo della vita”, “Al centro del deserto”, “Dopo la tempesta”, “Deliziose novità”, “Solidi affetti”, “Radici nel cemento”, …
    Ha inserito, su un ben distinto campo visivo, a precisa scacchiera, i dipinti su carta seguendo una regolare sequenza geometrica.
    Le sagome dei calciatori, ben distribuite sulla tela, si staccano dal contesto e non vivono “rapporti di parentela” con il fondo, ossia con la scacchiera dei dipinti o con l’affollata distribuzione dei frammenti.
    Per il 2015 sono da considerare, in particolare: “Stopper”, “Oltre le barriere”, “Ripresa del gioco”, “University”, “Up and down”, “Nell’occhio del ciclone”, “Allenamento”, …
    Il giocatore di pallone è collocato non per una possibile partita di calcio, ma per rappresentare una figura di mobilità, che potrebbe sparire in una dinamicità segreta, seguendo una propria vita, in parallelo a quelle altrui.

    *Fondamentalmente, la produzione dell’artista sostanzia, nel contempo, icasticità su flesse dinamicità.
    Forti caratterizzazioni simboliche, di temprata sensibilità, in ragionate composizioni, che sottintendono animate intensità nella vitalità delle figurazioni, eleggono meditate risoluzioni ed espressive tensioni emotive, protese a essere temi di considerazioni e di meditazioni.
    Laterali o sottili figure, comunque, emergono da un terreno di incroci di intriganti e seduttivi effetti.
    Esplicita da una rete di rimandi, sequenza dopo sequenza, iconicità dopo iconicità, speculari citazioni e momenti attuali, ben colti da scelte oculate.
    Vengono fuori magie interpretative, che si staccano da segmentate visioni, e seminano una teoria avvolgente di sensi e di contromisure.
    E’ una pittura che vive di rilanci con prospettive psicologiche; è narrazione di storie, resoconti, singolarità interpretative.
    Sviluppi simbolici e abbreviazioni illustrative specificano motivazioni antropologiche su suggerite intenzioni di sentimenti.
    La misura delle sue composizioni mostra regole di esistenza e trasferisce ostinate, contrarie, resilienti trasmigrazioni semantiche in avvertiti passaggi di riverberanti osservazioni.
    L’artista da frazioni di ventagli segnico-cromatici passa a relazionare ambienti di simbologie e molteplicità di gesti.
    I suoi attraversamenti risalgono indagini e prospettano intense cadenze di idee e aderenti caratteri di illuminante peso narrativo.
    Decisioni segniche fanno scivolare forza interiore e respiri intimi e puntano a raccogliere giuste direzioni mentali e cammini di pensieri.
    In affabulanti scorrimenti si agitano concrete vibrazioni mentre veloci rinforzi segnici replicano una scansione di variazioni di atteggiamenti e di insistiti impulsi di primari obiettivi.
    Condensazioni “glocal” hanno risoluzione in proposizioni interpretative di spiccato senso passionale.
    I vari passaggi emotivi restituiscono emersioni di un’anima tentata dal possibile e sempre in intesa con il suo “esprit”.
    In conclusione, armonie sono inseguite, dopo aver operato su credibili intese e su mute convinzioni, e s’agganciano al giusto filtro in cui convergono appunti di una coscienza allenata a modificare, selettivamente, le percezioni del mondo.

    Maurizio Vitiello

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