Bitcoin usate da mafia e terrorismo, sopratutto in Campania

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    La mafia e il terrorismo nella nuova economia digitale. Nel 2017 sono state circa 200 le segnalazioni di operazioni sospette riferite all’utilizzo di criptovalute, i bitcoin, un dato in continua crescita, soprattutto in Campania subito a ridosso di regioni del Nord. A lanciare l’allarme l’Unità di Informazione Finanziaria (Uif) istituita presso la Banca d’Italia, presentato dal direttore Claudio Clemente, lo scrive Valentino Di Giacomo  su Il Mattino di Napoli.
    I bitcoin diventano sempre più uno strumento per le organizzazioni criminali e terroristiche per riciclare i proventi illeciti. Un sistema difficile da contrastare perché la «moneta virtuale» consente di effettuare transazioni finanziarie conservando facilmente l’anonimato. «In diversi casi spiega il dossier – sono state chiaramente individuate connessioni con estorsioni on line, truffe, schemi piramidali, che hanno anche innescato rilevanti attività investigative».
    LE SEGNALAZIONIBankitalia ha indagato su oltre 94mila segnalazioni sospette. La Uif, istituita nel 2008, riceve e acquisisce informazioni riguardanti ipotesi di riciclaggio e di finanziamento del terrorismo, ne effettua l’analisi finanziaria e, su tali basi, ne valuta la rilevanza ai fini della trasmissione agli organi investigativi collaborando con il Nucleo speciale di polizia valutaria della Guardia di finanza e la Direzione investigativa antimafia, oltre all’autorità giudiziaria. «In alcune situazioni si legge nel rapporto – il ricorso alle criptovalute si inserisce in operatività complesse con utilizzo di fondi pubblici, probabili collegamenti con la criminalità organizzata o connessioni con paradisi fiscali. In altri casi emerge la presenza di intermediari che ricevono i fondi destinati alla conversione in valute virtuali tramite bonifici dall’estero o con ricariche di carte prepagate». È cresciuto l’interesse delle mafie all’utilizzo delle valute virtuali. «L’ampiezza dell’economia sommersa e la diffusione del contante, nonostante i limiti posti al suo utilizzo fra privati – ha spiegato il direttore della Uif – continuano ad agevolare il reinserimento dei proventi illeciti nell’economia regolamentata. All’opacità tipica del contante si aggiunge ora quella consentita dal ricorso a valute virtuali, che si prestano anche a utilizzi illeciti o criminali, oltre ad esporre gli utenti a notevoli rischi di frode e perdite di valore». Emerge l’elevato grado di sofisticazione raggiunto dalle associazioni criminali nel ricorso a prodotti o servizi finanziari evoluti: le mafie sono riuscite a permeare il comparto dei giochi e delle scommesse dove l’organismo di Bankitalia ha rilevato strette relazioni tra i criminali e ambienti professionali e imprenditoriali. Un salto di livello quello della criminalità organizzata che riesce, grazie a opache transazioni, a mantenere un profilo defilato capace però di intessere rapporti con amministratori pubblici, burocrati, professionisti e imprenditori.
    TERRORISMO E MONEY TRANSFERNella relazione emerge anche un progressivo aumento delle segnalazioni di sospetto finanziamento del terrorismo che nel 2017 sono state 981, con un incremento di quasi il 60 per cento rispetto all’anno precedente. Il 37 per cento di queste transazioni avviene grazie agli operatori di money transfer. Le analisi finanziarie hanno permesso di individuare in Italia alcuni combattenti di ritorno i cosiddetti foreign fighter – che si ritenevano essere ancora nelle zone di guerra. Grazie alle indagini degli esperti di Bankitalia si è scoperto che i terroristi erano rientrati in Italia e «manifestavano una elevata mobilità e un certo attivismo finanziario». Per finanziare il terrorismo c’è anche il commercio di opere d’arte. Lo scorso anno su questo comparto sono arrivate il 10 per cento delle segnalazioni riferite a versamenti o prelievi di contante anomali. Un altro sistema segnalato per finanziare il terrorismo spiega la Uif – è quello del commercio transnazionale di autoveicoli per mascherare tanto l’utilizzo finale quanto l’origine dei fondi. Un indirizzo specifico è stato inviato al governo su come meglio vigilare su queste operazioni. «La Pubblica amministrazione è scritto nel rapporto – stenta ad assumere un ruolo attivo nel sistema di prevenzione dell’antiriciclaggio». L’interlocuzione fra le autorità dei diversi Paesi sconta alcune inefficienze e criticità. Per Clemente si tratta di «problemi seri che possono essere superati».

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