Governo prove d’intesa M5S e PD, occasione sprecata con la Lega e rischio di voto a ottobre o Governo del Presidente

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Governo prove d’intesa M5S e PD, occasione sprecata con la Lega e rischio di voto a ottobre o Governo del Presidente . Una situazione di “stallo” che non piace a nessuno, colpa del nuovo sistema elettorale che non consente a nessuno di governare, del Movimento Cinque Stelle che ha intercettato la maggior parte di voti come partito ma non tanto da riuscire a governare o colpa di un’occasione sprecata, come ha detto il conduttore di Matrix, ieri a Positano in Costiera amalfitana, che avrebbe voluto un accordo fatto subito invece di questo tormento.

Senza mezze parole la base del M5S schifa il PD e viceversa. L’accordo non piacerebbe a nessuno. Idem per Forza Italia e Berlusconi, che se era il primo partito già avrebbe fatto l’accordo, come in passato, col PD di Renzi, ben felice di accordarsi. Per la Lega nulla da dire, salvo il tentativo di regionalizzare l’ Italia, è il primo partito della coalizione che ha più voti. L’accordo M5S per quanto faceva storcere il naso anche a noi in Campania era il più logico e giusto nel rispetto delle scelte degli elettori.

Il Governo del Presidente è una sciagura secondo noi, nel senso che in passato è stato quasi sempre espressione dei poteri forti condizionati dai centri dell’economia che partono anche e sopratutto dall’Europa. Almeno questa è l’impressione, ma siamo un giornale locale e più di tanto non riusciamo a dare…

Il Pd al bivio, i renziani dicono no ad accordo  – “Ci sono non poche possibilità di voto a ottobre, purtroppo. Ma penso che sia una prospettiva da evitare, soprattutto perché pericolosa per il Paese”. Lo dice il reggente del Pd Maurizio Martina alla vigilia dell’incontro con Fico. Ma i renziani alzano le barricate e chiedono che ogni decisione del Pd sia presa dalla direzione. Renzi ha sentito telefonicamente Maurizio Martina, con cui da qualche giorno si erano interrotte le comunicazioni. Non ha intenzione, assicura, di ritirare le dimissioni da segretario, come chiede Antonello Giacomelli. Ma sul governo le posizioni tra reggente ed ex leader sembrano ancora distanti. Martina vorrebbe un mandato a trattare, ma i renziani si preparano alla conta.

La convocazione di Roberto Fico viene vissuta dai pasdaran del “no” come un ulteriore tentativo di fare pressione sul Pd, perché apra. Così come viene mal digerito lo spauracchio delle urne e il fatto che Martina. Ma finché Renzi non prende posizione pubblicamente, il fronte “governista” guidato da Martina e Franceschini continua a sperare di ingrossare le proprie fila e ottenere un mandato ad aprire una trattativa. Ma i due “partiti” stanno entrando in rotta di collisione: il rischio vero se si andrà alla conta in direzione, afferma un dirigente “moderato” vicino all’ex leader, è una frattura in due del Pd. E tra i duri c’è chi mette in conto una scissione dei renziani per un nuovo progetto.

La data della direzione non è ancora fissata: dovrebbe essere il 2 maggio ma si deciderà giovedì sera, in base al percorso indicato da Mattarella, al quale i Dem, attraverso Fico, faranno pervenire la richiesta di più tempo.

Di Maio tace, preoccupa la reazione della “base” – L’accordo con il Pd continua a mietere un certo fastidio nella base pentastellata, più benevola nei giorni in cui il capo politico Luigi Di Maio aveva spalancato il forno della Lega. “Meglio al voto, no al Pd!”, è ancora oggi – dopo la selva di proteste pubblicate lunedì – il primo commento di un militante sul blog al post in cui Di Maio celebra il 25 aprile. Su una cosa, infatti, il M5S e il Pd sembrano perfettamente comparabili: il problema di far “digerire” alle rispettive basi un simile accordo. E per farlo, a prescindere dalla buona riuscita o meno dell’operazione, “ci vuole un po’ di tempo”, ammettono dai vertici pentastellati.

L’accordo con il Pd passa anche dalla blindatura della premiership per Di Maio. Fico si dedicherà soprattutto all’ascolto dei partiti e si limiterà a parlare di contenuti e programmi, non di nomi o cariche. E, al momento, l’impressione è che il M5S non abbia alcuna intenzione di fare un passo indietro con un socio numericamente di minoranza. Anche se c’è chi, nel Movimento, comincia a vedere con criticismo la rigidità di Di Maio su Palazzo Chigi. “Finalmente si parla di temi. Il nostro leader è il programma e lo sarà sempre”, sottolinea Luigi Gallo sottolineando uno dei concetti chiave del Movimento delle origini.
Fico. «Il mandato esplorativo che mi ha affidato il presidente della Repubblica ha avuto un esito positivo, si conclude qui oggi», ha detto Fico, al termine dell’incontro con il presidente della Repubblica. «Aspettiamo – ha proseguito il presidente della Camera – anche la direzione del Pd ma il concetto fondamentale è che il dialogo è stato avviato». «Io penso sia importante ragionevole e responsabile restare sui temi e sui programmi che è quello che chiedono i cittadini», ha aggiunto Fico.

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Di Maio. «Abbiamo il 32%, non siamo autonomi e stiamo cercando di portare un buon contratto al rialzo non al ribasso che possa risolvere i problemi degli italiani. Ai cittadini interessa aver un reddito di cittadinanza che gli consenta di integrare il loro reddito oppure che due forze politiche litighino per l’eternità?», ha deto Di Maio, candidato premier del M5s al termine delle consultazioni con Fico. «Se si riescono a fare le cose, bene. Altrimenti si torna al voto. Io pero chiedo uno sforzo al Pd», ha aggiunto. «La prima cosa che vorrei dire visto che in questo giorni si legge tanto di di alleanze e di prima e seconda Repubblica, secondo me dobbiamo abbandonare questo vocabolario e capire che siamo nella terza repubblica in cui le forze politiche fanno un passo indietro e fanno un passo avanti i cittadini. Qui stiamo cercando di mettere al centro questioni non risolte da 30 anni», ha proseguito Di Maio.

«Capisco chi nel M5s dice “mai col Pd” e chi dal Pd dice “mai col M5s” ma qui non si tratta di andare insieme, non si tratta di negare le profonde differenze o le divergenze, nel passato o nel presente, si tratta di cominciare a ragionare in un’ottica che non è di schieramento», ha continuato il capo dei 5 stelle. «Non so come andrà, ce la metteremo tutta: spero si possa scrivere un contratto all’altezza delle aspettative degli italiani e poi i nostri iscritti valuteranno», così come «con i loro tempi che rispettiamo gli organi» del Pd faranno le loro valutazioni, ha continuato Di Maio sottolinenado di aver riferito a Fico che i 5 stelle sono disponibili a sedersi al tavolo col Pd per iniziare a definire il contratto e mettere al centro i temi. «Il M5s al governo sarebbe una novità assoluta: se si formerà un governo sarà una novità non in continuità con passato. Noi qui cerchiamo di mettere al centro i problemi delle persone senza pensare al tornaconto del Movimento», ha sottolineato ancora il leader grillino. «Se si torna al voto il M5s ne esce rafforzato, secondo me: io sono convinto che sia così. Oppure capitalizziamo questo 32% ora e mettiamoci a lavorare per il Paese».

«Bisogna mettere mano a questo continuo conflitto di interesse che c’è in Italia», ha poi sostenuto Di Maio. «Fa specie vedere che Berlusconi utilizzi tv e giornale per mandare velate minacce a Salvini, qualora decidesse di sganciarsi. È arrivato il momento di metter mano a questo conflitto d’interessi e di dire che un politico non può essere proprietario di mezzi di informazione».

«Dopo 50 giorni il forno della Lega è chiuso, noi abbiamo una dignità», ha poi detto il capo politico M5S aprendo l’assemblea congiunta dei parlamentari. Le sue parole, a quanto si apprende, sono state accolte dall’applauso dell’assemblea.

«Per 50 giorni abbiamo provato in tutti i modi a dialogare con la Lega. L’unico problema che avevamo è con colui che ci definisce come Hitler», ha aggiunto riferendosi a Berlusconi senza mai nominarlo.

Martina. «Abbiamo portato al presidente Fico – ha sottolineato l’esponente Pd – le nostre valutazioni in ordine a quello che è accaduto in questi giorni: noi riconosciamo, registriamo passi in avanti importanti che vogliamo riconoscere, in particolare rispetto ad alcune richieste, ad una richiesta fondamentale che avevamo avanzato già al primo giro di consultazioni con il presidente Fico, relativa alla necessità di chiudere la fase della trattativa, del confronto con centrodestra e Lega: sono arrivate parole importanti, definitive su questo che vogliamo riconoscere come fatto politico. Al tempo stesso – ha aggiunto – non nascondiamo le difficoltà e le differenze che animano questo confronto tra noi, e penso sia giusto dirlo per serietà e responsabilità nei confronti del Paese, di tutti gli italiani».

«Abbiamo deciso di convocare la direzione nazionale Pd il 3 maggio prossimo per decidere se e come accedere a questo confronto da comunità collettiva. Insieme discutiamo e poi insieme lavoriamo», ha poi aggiunto. «Ci interessa dare una mano a questo Paese in una fase delicata della storia istituzionale e politica. Se siamo arrivati fino a qui è perché altri hanno fallito, per 50 giorni assistito a diversi tentativi che non hanno prodotto un esito utile. Questo lavoro lo facciamo con spirito di servizio e nel solco degli indirizzi dati dal Presidente Mattarella».

«Abbiamo grande rispetto per il dibattito apertosi nei nostri movimenti. Va assolutamente rispettato perché è vero che siamo forze diverse, siamo forze che hanno espresso ed esprimono anche punti di vista molto diversi. Questo non esclude la possibilità di riconoscere passi in avanti», ha detto ancora Martina.

Orlando. Ok al confronto con il Movimento 5 Stelle «non a prescindere». Ma «se la direzione Pd dovesse valutare non percorribile quel percorso, al secondo punto dovremo inserire la questione su come ci avviamo al confronto elettorale». A dirlo è il ministro della giustizia Pd Andrea Orlando, ospite del programma Zapping su Radio 1. «Credo che prima di dire che l’ipotesi di un’alleanza Pd-M5s non è percorribile, sia necessario andare a vedere se ci sono le condizioni – ha premesso -. Vedo le difficoltà e le distanze ma anche il dovere di un partito di verificare se ci sono le condizioni in un quadro di alleanza» e «penso sia giusto andare a fare una verifica, per non avere rimorsi». Sulla Direzione del partito, «è stato un errore rinviarla secondo me», ribadisce, ha aggiunto: «Credo sia giusto che il Pd si prepari sulle impostazioni programmatiche in caso di elezioni, e cioè ad esempio individuare una figura di riferimento per la campagna elettorale».

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