SUL TEMPO

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    Il tempo è il mistero più grande e forse siamo presuntuosi quando cerchiamo di capirci qualcosa. Sarebbe più giusto non sprecare il nostro tempo prezioso in inutili elucubrazioni sul tempo ed, infatti, la maggioranza della gente non si pone il problema. Seneca, per esempio, come mi segnala il mio amico Vincenzo, diceva che non importa sapere cos’è il tempo, interessa sapere come lo usiamo. Ma noi siamo curiosi e la curiosità è il motore della conoscenza e, per questo, siamo disposti a “sprecare” un po’ del nostro tempo.

    La nostra prospettiva di creature limitate, piccole parti infinitesimali del cosmo, ci dice che tutto scorre nel tempo. Secondo la nostra esperienza, il tempo scorre in modo uniforme e uguale in tutto l’universo e tutte le cose ed eventi si realizzano nel suo corso. Crediamo che esista un universale “presente”, un “adesso” che è l’unica Realtà. Il resto, il passato e il futuro, non sono reali. Il passato è congelato, fisso e uguale per tutti ma non è più realtà. Il futuro è aperto, indeterminato ma non è ancora reale. Solo il presente è reale. Questo è quello che noi crediamo: per la nostra sensibilità la realtà scorre velocemente, molto velocemente, dal passato al presente e dal presente al futuro.

    Questa, che si pensava fosse la struttura di base del mondo, si è sgretolata, si è mostrata essere solo un’approssimazione di un’approssimazione di un qualcosa di molto più complesso.

    La teoria della Relatività Ristretta (RR) ci dice che non c’è un “presente” oggettivo valido in tutto l’universo. Di conseguenza anche i confini del passato e del futuro non sono ben delimitabili. Secondo la RR, il tempo scorre a velocità diverse a seconda di dove siamo e a che velocità ci muoviamo. Più siamo vicini ad una massa o ci muoviamo velocemente, più il tempo rallenta: non c’è una durata unica tra due eventi, ce ne sono molte possibili. Inutile ribattere che queste diverse velocità del tempo sono insignificanti per la nostra vita di ogni giorno perché non rilevabili. Gli esperimenti condotti con orologi di precisione dimostrano che il tempo scorre più velocemente in alta montagna che in riva al mare. Questa differenza, anche se solo di qualche millisecondo, non si può trascurare se si vuole indagare la natura del tempo dal punto di vista scientifico. Se il tempo scorre a velocità diverse ciò comporta che non è possibile ordinare gli avvenimenti in passati, presenti e futuri. Insomma non è possibile sincronizzare il mio presente con un ipotetico presente universale. Non esiste un presente universale valido per tutti. Il presente è nozione locale, relativa non globale. Questo è quanto ci dice la relatività della simultaneità.

    La teoria della Relatività Generale (RG) ci dice che il tempo da solo non esiste. Esiste invece lo spaziotempo, un’entità reale con una precisa dinamica descritta dalle equazioni di Einstein, dove il tempo e lo spazio sono inscindibili. Tempo e spazio, intimamente interconnessi, sono aspetti del nostro universo che si può immaginare come una grande massa gelatinosa, in continua modellazione plastica, come un enorme mollusco. O come la massa di un cuore pulsante. Le galassie, il sistema solare, il nostro stesso corpo sono immersi in questa grande massa gelatinosa. Ed essendo lo spazio ed il tempo indivisibili, quando una massa, come il Sole, deforma lo spazio anche il tempo ne risulterà distorto. Succede allora che i ritmi a cui scorre il tempo sono determinati dal campo gravitazionale. Sul bordo di un buco nero, dove il campo gravitazionale è molto intenso, lo scorrere del tempo rallenta fin quasi a fermarsi.

    Sia la RR, sia la RG ci dicono che nell’universo non è più possibile ordinare il tempo in eventi che sono nel passato, nel presente e nel futuro perché non esiste un presente simultaneo in tutto l’universo.
    Cosa implica questa teoria rivoluzionaria?

    Se la simultaneità è relativa può succedere che un evento che per me sta accadendo nel presente sia già accaduto se osservato da qualcun’altro in rapido movimento rispetto a me. Ma se per qualcuno l’evento che sperimento nel presente è già accaduto posso desumere che l’evento esisteva già prima che io lo sperimentassi?

    E’ noto il “Paradosso di Andromeda” proposto dal famoso matematico, fisico e cosmologo britannico Roger Penrose.

    Nel paradosso ci sono due persone, diciamo Ciro e Tonino, che si incrociano in un punto sulla Terra mentre si muovono in direzione opposta l’uno rispetto all’altro.  Ciro “vede” una flotta spaziale che è partita da Andromeda per invadere la Terra; Tonino “vede” invece che gli andromediani stanno discutendo se invadere o no la Terra. Si noti che nessuno dei due può effettivamente “vedere” ciò che sta accadendo su Andromeda, perché la luce di Andromeda e dell’ipotetica flotta aliena impiegherà 2,5 milioni di anni per raggiungere la Terra. L’argomento non riguarda ciò che può essere “visto”, tratta invece degli eventi che sono nel presente di Ciro e Tonino nel momento del loro incontro fugace in base a precisi calcoli matematici.

    Roger Penrose a questo punto si chiede: “Then they can come to the conclusion that, according to one of them, the decision lay in the uncertain future, while to the other, it lay in the certain past. Was there then any uncertainty about that future? Or was the future of both people already “fixed”? — Roger Penrose, The Emperor’s New Mind: Concerning Computers, Minds, and the Laws of Physics

    Mia libera traduzione:

    “I due allora possono giungere alla conclusione che nel momento del loro incontro, secondo uno (Tonino) la decisione di intraprendere il viaggio si trova in un incerto futuro, mentre per l’altro (Ciro) la stessa decisione si trova in un passato certo. Ci può essere allora qualche incertezza sul futuro? O il futuro è già fissato per entrambi?”

    Se gli eventi della mia vita sono già esistenti prima che io ne abbia esperienza, posso affermare che tutti gli eventi che sperimento nel presente fanno parte di una struttura spaziotemporale statica definita ‘a priori’ ?

    La migliore immagine della struttura spaziotemporale definita “in blocco”  a priori è quella proposta dal fisico Stephen Battersby:

    “Tutti gli eventi che sono accaduti o che accadranno sono punti nel ‘blocco’ di spazio-tempo, come bolle d’aria sospese in un blocco di ghiaccio. Passato e futuro sono sullo stesso livello, non c’è nessun flusso, niente scorre “.

    Se non c’è un flusso del tempo allora l’universo è statico come un blocco di ghiaccio e tutti gli eventi (la nostra nascita, gli eventi della nostra vita e la nostra morte, per esempio) sono come bolle d’aria nel blocco di ghiaccio. E queste bolle d’aria sono lì immobili da sempre e per sempre.

    Posso affermare con certezza che le cose stanno così? No di certo. Sono d’accordo con Einstein quando scrive: “Since there exists in this four dimensional structure no longer any sections which represent “NOW” objectively, the concepts of happening and becoming are indeed not completely suspended, but yet complicated. It appears therefore more natural to think of physical reality as a four dimensional existence, instead of, as hitherto, the evolution of a three dimensional existence.”

    “Siccome nella struttura a quattro dimensioni dello spazio-tempo non è più possibile rappresentare oggettivamente il “PRESENTE”, i concetti di accadimento e divenire sono, se non proprio completamente sospesi, certamente resi più complicati. Sembra quindi più naturale pensare alla realtà come ad un’esistenza quadridimensionale, piuttosto che all’evoluzione di un’esistenza tridimensionale”.

    Anche a me “sembra più naturale pensare alla realtà come ad un’esistenza quadridimensionale, piuttosto che all’evoluzione di un’esistenza tridimensionale”

    Ma se non c’è l’evoluzione nel tempo di un’esistenza tridimensionale, cos’è allora che si muove?

    Sono domande a cui forse non è possibile dare risposta ma che mi affascinano. Che cosa si può dire? Che la relatività della simultaneità è una cazzata pazzesca? Ma è stata sperimentalmente e matematicamente provata. E allora?

    Se niente scorre come mai noi abbiamo la netta sensazione che il tempo scorre, tutto diviene e le cose cambiano ogni secondo? Cosa entra in gioco?

    Come facciamo a ricostruire il tempo fisico della nostra esperienza, cercarne le sorgenti? Capire da dove viene? Cosa misura il mio orologio? Cosa scorre sempre in avanti e mai indietro, e perché?

    Prima di fare qualche ipotesi in proposito andiamo a vedere cosa succede al tempo ad un livello più fondamentale, quello quantistico, quello delle particelle elementari che sono a fondamento di tutte le cose compreso il nostro corpo e il nostro cervello.

    Per la meccanica quantistica esiste una scala minima per tutti i fenomeni. Prima si pensava allo spazio e al tempo come a un continuo divisibile all’infinto. La meccanica quantistica ci dice invece che lo spazio e il tempo non sono continui ma granulari: alla fine della divisibilità ci sono i grani elementari, i “quanti”.

    Il grano elementare dello spazio è la “lunghezza di Planck”. Il limite minimo sotto il quale la nozione di lunghezza perde senso. La lunghezza di Planck è circa 10 alla –33 centimetri: un milionesimo di un miliardesimo di un miliardesimo di un miliardesimo di un millimetro. Personalmente sono affascinato dal problema di cosa succede a queste scale piccolissime.

    Il fratello temporale della lunghezza di Plank, un quanto di tempo, è chiamato “tempo di Planck”. Il suo valore si stima in 10 alla –44 secondi: un centomilionesimo di un miliardesimo di un miliardesimo di un miliardesimo di un miliardesimo di un secondo. Il tempo di Plank è talmente piccolo che non c’è da stupirsi se “laggiù”, a una scala così minuta, la nozione di tempo non vale più.  Al di sotto della soglia di Plank, la nozione di tempo non esiste neanche nella sua accezione più elementare. A questo livello non possiamo pensare ad una durata continua: non c’è qualcosa che fluisce uniformemente, ma qualcosa che in un certo senso salta da un quanto di tempo all’altro. Come sono ordinati i salti non è dato sapere per via dell’indeterminazione quantistica. Fra un salto e l’altro il tempo è come se fosse sparso in una nuvola di probabilità. Si dice, nel gergo dei fisici, che è in una “sovrapposizione” di configurazioni fluttuanti. Anche la distinzione fra presente, passato e futuro diventa quindi fluttuante, indeterminata. Come una particella, a questo livello, è diffusa nello spazio in una sorta di nuvola di potenzialità inespresse, così il tempo è diffuso in configurazioni fluttuanti indeterminabili: un salto quantico può essere insieme prima e dopo un altro.

    In genere si pensa al mondo quantico come qualcosa di remoto che non ha niente a che fare con la nostra esperienza e il nostro mondo. Niente di più sbagliato. Il nostro corpo, compreso il nostro cervello, è fatto di cellule, composte di molecole, costituite da atomi, a loro volta costituiti, a livello quantico, da particelle elementari come gli elettroni, protoni, neutroni, ecc. Fondamentalmente siamo un agglomerato di particelle elementari strettamente relazionate l’una all’altra.

    A questo punto considera che tutte le cose del mondo fisico, compreso il tempo e lo spazio, emergono dagli ingredienti fondamentali.

    La mia gattina Luna non è parte degli ingredienti elementari dell’universo. È qualcosa di complesso, che “emerge” dagli ingredienti fondamentali.

    In base a che cosa Luna emerge dalla nebbia del livello quantico come palla di peli e simpatia nel mondo fisico? O emerge solo nel mio cervello?

    Sulla spiaggia di Erchie un gruppo di ragazzi sono in cerchio per formare le squadre per una partita di calcio. I due portieri si giocano a pari e dispari il diritto di iniziare e poi, a turno, scelgono i compagni di squadra. Alla fine della solenne procedura, ci sono due squadre. Dov’erano le squadre prima della procedura? Da nessuna parte. Sono “emerse” dalla procedura.

    Luna e le due squadre emergono da una dimensione in cui non ci sono né gatti, né squadre secondo una procedura regolata da un ordine ben preciso che, nel caso di Luna, rimane per noi oscuro, nascosto. Allo stesso modo anche il tempo fisico che noi sperimentiamo, compreso il fluire del tempo, emerge da una dimensione senza tempo.

    La procedura di emersione avviene nel mondo fisico (naturalismo) o solo nel nostro cervello (idealismo)? Io penso che sia meglio non perdersi nei meandri tortuosi dell’idealismo e riconoscere che l’emersione dal livello quantico avviene nel mondo fisico reale. Quindi il mondo fisico viene prima, mentre la coscienza ne viene determinata, anche se in maniera sfocata per via della pochezza della nostra mente. In fin dei conti la “realtà” che sperimentiamo è modellata dall’interazione fra un mondo esterno e le strutture con cui funziona la nostra mente. Con tutti i limiti di quest’ultima.

    Anche la nostra esperienza del tempo è il risultato dell’interazione tra mondo fisico e mente umana. Quando avviene l’interazione tra gli eventi nel mondo fisico e la nostra coscienza? Sempre nel presente: è nel presente che un evento “impressiona” la nostra coscienza lasciandone una traccia.

    Ma come possiamo essere consapevoli della durata, addirittura valutarla, se la coscienza viene impressionata solo nel presente, che è per definizione istantaneo? E come possiamo misurare il tempo che intercorre tra l’evento A e l’evento B se siamo sempre nel presente? (ricordi? Il passato è passato e quindi non c’è, mentre il futuro deve ancora arrivare, e quindi pure non c’è).

    Diciamo che per misurare il tempo tra l’evento A e l’evento B uso un orologio. Per farlo devo guardare l’orologio in due momenti diversi: questo non è possibile, perché io “sono” solo nel momento presente, non sono mai in due momenti. Quando guardo l’orologio per l’evento B, l’evento A non è più reale, non esiste più in realtà. Dove sta allora? È nella mia mente come una traccia nella memoria. E’ nella mente che si costruisce un collegamento temporale tra l’evento A e l’evento B. La durata del tempo e il suo fluire è allora una costruzione “interna” della nostra mente. È nel nostro cervello che si condensa la percezione della durata. Fuori dal nostro cervello, nel mondo fisico quadridimensionale che emerge dall’ordine quantistico, ci sono solo eventi senza durata.

    Viene così confermato quanto la fisica ci insegna, cioè che il tempo non è coerente con le nostre intuizioni e che, in particolare, lo scorrere tempo non è un ingrediente elementare della realtà del mondo fisico.

    Fondamentalmente il cervello umano è un meccanismo che raccoglie le memorie del passato per predire il futuro. E’ grazie alla memoria e alla capacità di anticipazione che si apre per noi la prospettiva del tempo. Come entità fisiche siamo in primo luogo memoria e anticipazione. La possibilità di prevedere qualcosa del futuro migliora ovviamente le chance di sopravvivenza e l’evoluzione, selezionando queste strutture neurali, ci ha regalato l’illusione dello scorrere del tempo. Per noi il fluire del tempo è vivere a cavallo tra eventi passati e eventi futuri grazie a specifiche strutture neuronali. E’ lì dentro, nel cervello, nello spazio della memoria che sta annidato il fluire del tempo. Questo spazio, la memoria, insieme al nostro continuo esercizio di anticipazione del futuro, è la sorgente del nostro sentire il tempo e il suo fluire. Quando misuro il tempo, sto misurando qualcosa nel presente della mia mente.

    Quando “ricordiamo” facciamo una passeggiata lungo le sinapsi che collegano i miliardi di neuroni del nostro cervello. Lì dentro, in quei pochi centimetri di materia grigia, c’è una folla inverosimile di personaggi, colori, nomi, oggetti, sguardi, conoscenze, esperienze, emozioni, dettagli, profumi, sensazioni, riflessioni, rielaborazioni, … tutto questo è dentro le pieghe di quella massa grigia leggermente repellente che è il nostro cervello. Una volta raccolte le informazioni immagazzinate nella memoria, altre strutture cerebrali si prendono la briga di analizzarle, combinarle, confrontarle per immaginare il futuro. Questo processo cerebrale ci dà la sensazione del fluire del tempo.

    Siamo storie contenute nelle circonvoluzioni di venti centimetri di materia grigia, configurazioni particolari determinate dagli eventi del mondo fisico e orientate a predire accadimenti verso il futuro.

    Antonella mi faceva notare che una prova inconfutabile dello scorrere del tempo è il processo di crescita e invecchiamento del nostro corpo. Nessuno può negare che il nostro corpo invecchi con il “passare” del tempo che evidentemente “fluisce”, per il singolo individuo, dalla nascita alla morte. Com’è possibile in questo caso continuare a sostenere che il tempo del mondo fisico non scorre? Proviamo a ragionare. Cosa determina l’invecchiamento del corpo? Semplificando al massimo, possiamo dire che la causa dell’invecchiamento è determinato dalla progressiva moria di cellule del nostro corpo.  La morte di una singola cellula è un evento istantaneo senza durata. La morte di cento cellule corrisponde a cento eventi senza durata. E’ così via. Non c’è una durata negli eventi istantanei che determinano il decadimento fisico. Dove viene fuori la durata? Come al solito dalla nostra mente che, ricordando i “fotogrammi” di come eravamo fatti trenta, venti, dieci, cinque anni fa, li proietta nella nostra coscienza con l’illusione del movimento del tempo. (Se si proiettano i fotogrammi di una pellicola cinematografica alla velocità di 24 fotogrammi al secondo noi percepiamo l’illusione ottica del movimento. Sulla pellicola fotografica, però, niente si muove).

    Paolo invece sostiene che l’ascolto della musica è una prova inattaccabile dello scorrere del tempo. Sostiene, infatti, che la musica ha senso solo nel fluire del tempo. Paolo ha ragione, la musica ha senso solo se è il fluire nel tempo di una melodia unitaria, ma chiedo: dove fluisce il tempo? Nel mondo fisico o nella nostra mente?

    Nel momento in cui ascoltiamo una nota, la nota precedente viene “ritenuta” in memoria, poi ne viene ritenuta la ritenzione, e così via sfumando, per cui il “presente” del cervello contiene traccia continua via via più sfocata delle note suonate. Questa ritenzione in memoria è ciò che fa sì che le singole note si costituiscano in una melodia unitaria nel fluire del tempo. La melodia è ricostruita nella nostra mente in forma unitaria anche se composta da singole note “ritenute” separatamente in memoria. La nostra capacità di anticipazione completa l’opera collegandoci alla nota futura e creando un ponte tra passato, presente e futuro anche se noi siamo sempre “solo” nel presente.

    L’intuizione sulla natura “interna” piuttosto che esterna del tempo riappare ripetutamente nella riflessione filosofica occidentale.

    Kant discute la natura del tempo e dello spazio nella “Critica della ragione pura” e interpreta il tempo come una forma a priori della conoscenza, cioè qualcosa che non riguarda tanto il mondo oggettivo quanto il modo di coglierlo da parte del soggetto.

    Per finire, una citazione di S. Agostino: “il tempo è un’estensione dell’anima”.

    Luigi Di Bianco

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