I RACHITICI FLORIDI:IN RICORDO DI ALFONSO GATTO NEL SEGNO DELLA BELLEZZA DELLA POESIA E DELLA FORZA DELLA CULTURA foto

In medicina ricorre una espressione efficace per sottolineare lo stato di precarietà di salute di soggetti apparentemente in gran forma ma, nella sostanza, profondamente ed irrimediabilmente tarati: “i rachitici floridi”. Me la ripeteva spesso il mio Amico e Maestro Alfonso Gatto, quando ci abbandonavamo a considerazioni amare sul ruolo della cultura nel nostro territorio. Sono […]

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In medicina ricorre una espressione efficace per sottolineare lo stato di precarietà di salute di soggetti apparentemente in gran forma ma, nella sostanza, profondamente ed irrimediabilmente tarati: “i rachitici floridi”.

Me la ripeteva spesso il mio Amico e Maestro Alfonso Gatto, quando ci abbandonavamo a considerazioni amare sul ruolo della cultura nel nostro territorio.

Sono passati alcuni decenni e nella mente e nel cuore mi risuona ancora l’eco affabulante delle analisi del grande Poeta, a rimarcare la  condizione di impotenza di quanti, me compreso, si battono per una diffusione capillare di eventi culturali in grado di far crescere le nostre comunità, innervandosi nella storia del passato, esaltando il presente e costruendo il futuro.

Nella nostra provincia in generale, ma nella Costa d’Amlafi e nel Cilento Paestum. Agropoli e Velia, miei territori dell’anima,in particolare, potremmo contare su di uno scrigno di tesori di arte, cultura e paesaggio, a cui attingere a piene mani per accendere i riflettori dell’interesse del mondo dei media e della più vasta comunità letteraria nazionale con una straordinaria ricaduta di immagine con effetti fecondi, anche economici, sull’intero territorio, che si configura come un ampio anfiteatro che dai monti spazia a conquista di mare ed in cui è passata la Grande Storia, nel segno della Grande Cultura.

In altre realtà geografiche italiane e straniere questo enorme patrimonio sarebbe entrato da sempre nel DNA dei cittadini, che lo avrebbero difeso, recuperato ed esaltato con legittimo orgoglio di identità e di appartenenza.

Le Amministrazioni Locali, in feconda sinergia, avrebbero varato un progetto comune in grado di promuovere eventi lungo tutto l’arco dell’anno con un programma articolato ed itinerante in grado di accendere i riflettori dell’interesse in tutti gli angoli del territorio.

Gli imprenditori avrebbero investito risorse, puntando sul segmento cultura per destagionalizzare l’offerta con l’obiettivo di fare turismo lungo tutto l’arco dell’anno.

Gli Istituti di Credito, che pure rastrellano risparmi e registrano vorticosi giri di affari in un territorio in cui scorrono fiumi di denaro, qualche volta anche di dubbia provenienza, avrebbero finanziato attività culturali, stimolando ed incoraggiando scuole ed associazioni con l’obiettivo di studiare e far conoscere un prestigioso passato.

Sarebbero nate a dismisura librerie ed edicole con l’orgoglio di esporre pubblicazioni in grado di indagare sulla nostra storia. Ed invece le poche esistenti, ai cui titolari va dato onore al merito per il coraggio dell’impresa, vivono di vita grama

I Partiti Politici accenderebbero dibattiti con personalità di spicco per inserire la cultura nei programmi di sviluppo, ma, invece, sono campo di risse continue soprattutto ora che si discute di candidature per uno scranno in Parlamento’. a cui molti,troppi, aspirano

La prima voce del bilancio di Enti Pubblici e privati, come dell’imprenditoria di tutti i settori, sarebbe la cultura con congrui investimenti, nella serena e convinta consapevolezza di un ritorno di immagine di straordinaria valenza.

Invece….

Invece tutti gli sforzi, da parte di tutti i soggetti pubblici e privati, vanno nella direzione della redditività immediata nel culto sfrenato del dio denaro e nella stupida convinzione che la cultura è un optional, di cui si può fare tranquillamente a meno.

Le Amministrazioni accendono e potenziano, salvo qualche rara lodevole eccezione, le luci dell’effimero in grado di soddisfare la vanità dell’apparire:Magra consolazione da sottosviluppo!

Gli imprenditori alimentano l’”industria dei matrimoni” e, quando va bene, la convegnistica, pur disponendo di strutture alberghiere, che, per qualità ed efficienza, sarebbero straordinarie residenze per turisti di nicchia, che, per pigrizia mentale e,soprattutto per mancanza di rischio di impresa, non conoscono e non promuovono, paghi, come sono, delle “feste”  e dei “festini” del territorio.

Gli Istituti di credito finanziano iniziative editoriali discutibili per contenuto e forma, incrementando il becero, atavico e dannoso clientelismo su pressione del potente di turno e del socio invadente.

Le librerie e le edicole vivacchiano. Ma boutique, beauty center e scuole di danza fanno affari d’oro. Ristoranti e pizzerie segnalano file di attesa il sabato sera e non solo.

Per non parlare dei negozi delle diavolerie dell’informatica e degli autosaloni, superaffollati per la prenotazione delle ultime novità dei mercati.

Se questo è il quadro (e tale è, a mio avviso, se mai approssimato per difetto), nessuna meraviglia, poi, se nel nostro territorio penetra con affari inquietanti, occulti, ma spesso anche palesi, la malavita organizzata, se i nostri giovani, deprivati di ideali e di utopia, muoiono di noia nelle contrade invivibili e spesso, per darsi un tono, si abbandonano a   violente  bravate notturne o, peggio ancora, inseguono effimeri e dannosi paradisi artificiali nella droga.

Certo il benessere c’è e si vede e si tocca con mano: nelle abitazioni, spesso di lusso, quasi sempre ampie e decorose, nei vestiti firmati, nella frequenza di istituti di bellezza e centri estetici.

Ma si cura il corpo, non l’anima. Si privilegia il fisico, non la mente e il cuore. C’è dilapidazione di denaro, non acquisizione di cultura.

Non c’è che dire: a ben guardare, siamo un bell’esempio di “rachitici floridi”!

E non c’è da stare allegri né per il presente e, soprattutto, non per il futuro.

Avessi un minimo di responsabilità pubblica, a qualsiasi livello, nel territorio, io sarei profondamente turbato ed allarmato.

Ma sono un semplice giornalista,pervaso, a volte, dal daimon della poesia, con un’unica arma a disposizione: le parole.

Le uso nella speranza che, come diceva il grande Levi, siano pietre e facciano male nel profondo.

Per guarire, ovviamente.

 

 

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