LA LETTERARIETA’ DI AMALFI NELLA “REPUBBLICA DELLE LETTERE” DI FRANCESCO D’EPISCOPO

Me ne sono occupato altre volte.ma torno volentieri sul tema per amore della città e stimaprofonda per l’autore. Negli anni quaranta/cinquanta del secolo scorso molti intellettuali meridionali si trasferirono a Milano per trovare spazio vitale alla loro creatività; e fecero gruppo. Tra gli altri il napoletano Giuseppe Marotta, il salernitano Alfonso Gatto, il siciliano Salvatore […]

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Me ne sono occupato altre volte.ma torno volentieri sul tema per amore della città e stimaprofonda per l’autore.

Negli anni quaranta/cinquanta del secolo scorso molti intellettuali meridionali si trasferirono a Milano per trovare spazio vitale alla loro creatività; e fecero gruppo. Tra gli altri il napoletano Giuseppe Marotta, il salernitano Alfonso Gatto, il siciliano Salvatore Quasimodo. E fu proprio il Premio Nobel a sottolineare il fenomeno ricco di fermenti culturali, coniando la efficace e felice espressione “discesa nel Nord”. Lo riscopre con rigore di critico Francesco D’Episcopo nella sua gradevole plaquette “Amalfi Repubblica delle lettere” parlando di Gaetano Afeltra, che “si fa diretto testimone della quasimodiana “discesa al Nord” e ne registra i sussulti, senza però mai rinnegare i possibili rigurgiti di una condizione meridionale,la quale ,prima che fisica, era mentale, morale:un approccio diretto e immediato alle persone e alle cose, con la naturale tendenza a farle subito rientrare in un circolo affabilmente domestico e familiare di rapporti.”

Correva l’anno 1937, quando il giovane Gaetano si trasferì a Milano. Fu il fratello Cesare a spianargli la strada nel mondo del giornalismo. Dopo una breve esperienza all’Ambrosiano, nel 1942 fu chiamato al Corriere della Sera, giornale nel quale percorrerà le tappe di una gloriosa carriera:redattore, redattore capo, vicedirettore, come testimonia il suo bel libro “Corriere primo amore“.Ma D’Episcopo si sofferma soprattutto su Afeltra narratore passando in rassegna i tanti libri di successo dello  scrittore amalfitano:Desiderare la donna d’altri, Com’era bello nascere nel lettone, Milano amore mio, Nascita dei cannelloni ad Amalfi, Spaghetti all’acqua di mare, Sapori di un’infanzia meridionale.Il filo conduttore della narrativa di “don Gateano”, come lo chiamavano affettuosamente quasi tutti gli amalfitani,me compreso, è quasi sempre la lontananza, che in letteratura, per effetto della nostalgia d’amore, diventa una straordinaria fonte di ispirazione e si fa vicinanza,E così i novecento chilometri  che separano la piccola stazione ferroviaria di Vietri sul Mare da quella monumentale di Milano diventano la cartina di tornasole. E ne è prova  la descrizione di questo viaggio che  D’Episcopo sceglie per impreziosire la silloge, edita da Guida…Fu profonda la commozione che colpì il giovane Gaetano quando carezzò con uno sguardo d’amore il grappolo di case dal finestrino della corriera alla curva del Capo Luna.Si staccava repentinamente dalla sua terra. dalla sua gente, dal nucleo familiare, al quale era visceralmente legato.La commozione si trasformò in pianto dirotto, quando all’altezza del Santuario di Pompei,realizzò,  dal treno in corsa, la lacerazione del distacco “A me sembrava che qualcuno, proprio in quel tragitto, stesse strappando le mie radici dalla terra dov’ero“.La commozione svanì e si trasformò in una vertigine di sensazioni alla Stazione Centrale di Milano con l’alta e maestosa architettura da “tempio antico”. Era l’approdo nella “terra promessa” con il grande spettacolo vociante e frenetico di arrivi e partenze: E Il giovane della provincia si incantò:”Edicole sterminate, piene di giornali, con la fantasmagoria delle copertine delle riviste  e dei romanzi gialli;l’atrio immenso come un grande bazar, il buffet straripante di avventori, le sale d’aspetto stipate” e poi la scoperta della grande piazza “con alberi aiuole, tram che s’incrociavano, lo scatto degli scambi, nel groviglio dei binari, lucide vene d’acciaio nel corpo del selciato;lo sfavillio delle scintille che si libravano dal trolley e che in quella tarda sera sembravano coriandoli luminosi buttati dal cielo per un gioioso carnevale fuori stagione;le lunghe file dei taxi, le réclames fosforecenti“. Abbagliato da tanto sfolgorio il “provinciale” e “paesano” Gaetano si immerge nella vita frenetica della metropoli ed ha il suo battesimo di “cittadino” riconosciuto nella Milano affollata, accogliente, vivace e frenetica:dagli uffici ai grandi magazzini, ai laboratori, alle molte e belle banche concentrate nella City, cuore pulsante dell’economia industriale e commerciale della Lombardia:Gaetano ne fu protagonista di primo piano nel mondo dei media e della cultura, dove presto cominciò a muoversi con disinvolta naturalezza e con i tanti riconoscimenti come giusta  e naturale ricompensa al suo lavoro.E si legò con quel gruppo di intellettuali che avevano dato vita alla “discesa nel Nord” e che frequentavano tavole calde e caffè nella mitica Galleria,frequentata da borghesi danarosi e nobili di censo e di casato, dove,però, venivano trattati come “principi”, anche loro espressione di qualcosa che “contava” come i veri ricchi e potenti della città, i quali  quando incrociavano quei bohémiens “rivolgevano al gruppo occhiate incuriosite e rispettose, e al  momento d’entrare o uscire, passando vicino a quel tavolo, facevano un cenno di saluto”.Io quel mondo ho avuto la fortuna di conoscerlo e frequentarlo in compagnia di Salvatore Quasimodo che mi accoglieva paterno e protettivo nelle mie “discese” periodiche al Nord E li conobbi per la prima volta don Gaetano in una festosa brigata di amici autorevoli (Salvatore Quasimodo, Alfonso Gatto, Leonardo Sinisgalli,tra gli altri ) in cui mi trovai a recitare il ruolo di promettente mascotte. Simpatizzammo e ci rivedemmo a più riprese ad Amalfi, dove io, nel frattempo, ero diventato docente di Lettere al locale Liceo Classico Il rapporto si intensificò quando fui eletto,per due consiliature, consigliere comunale e fui nominato Presidente dell’Azienda del Turismo. Ricordo  il sostegno autorevole quando con i rappresentanti istituzionali di tutti i paesi della Costa, da Vietri a Positano, realizzammo con successo una bella iniziativa di Promozione Turistica ed invademmo gioiosamente Milano (Galleria e Piazza Duomo) con I Tarantellisti di Ravello, che ballavano e distribuivano dèpliants e “scocche” di limoni sotto gli occhi stupiti e tra gli applausi scroscianti dei milanesi e sotto i  riflettori delle televisioni italiana e svizzera.Stessa scena la sera al Wanted Saloon, con Alfonso Gatto straordinario quanto inedito conferenziere promotor e con Achille Millo e Fausto Cigliano iin un coinvolgente recital di parole e musica e sempre con i tarantellisti di Ravello con un giovanissimo e prometente Bruno Venturini che stravolgendo i versi di una notissima canzone napoletana intonava “Amalfi, Raviello e Positano ‘o paraviso nuosto è chisto ccà”. E c’era sempre lui, don Gaetano, affettuoso, premuroso e protettivo, con l’amico Pierino Florio, autorevole e bravo operatore culturale nella Biblioteca Comunale meneghina. M’era compagno di entusiastica avventura Ezio Falcone.Altre stagioni, quando gli amalfitani, impegnati e non nelle istituzioni, in città o in trasferta, operavano in feconda sinergia  e nel superiore interesse della città, di cui portavano gelosamente dentro il sacro rispetto della storia e della tradizione..Il libro di D’Episcopo mi ha azionato la moviola della vita e mi ha acceso fotogrammi di memoria di e con don Gaetano. Anche per questo ho salutato con legittima soddisfazione la decisione dellìAmministrazione comunale di dedicare a don Gaetano la strada del Supportico dei Ferrari. Era un atto dovuto. Ma mi piacerebbe anche se gli intellettuali amalfitani, giovani e meno giovani, creassero un circolo di cultura nel Suo nome, per fare attività  di buon livello.Ne abbiamo parlato  spesso.Se dovesse succedere, come mi auguro e spero fortemente, io mi sentirei generosamente ed entusiasticamente coinvolto per affetto e stima,mai venuta meno, per don Gaetano ed amore profondo per Amalfi, mia città dell’anima.

 

Giuseppe Liuccio-amalfitano di adozione

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