Gioia del Colle. La rivincita di Francesco, bibliotecario autistico: “Pochi precisi come lui”

L’agenda azzurra e una pagina bianca sul pc raccolgono il report della mattinata tra scatoloni e manuali. «Oggi, in biblioteca, ho lavorato al computer, messo i timbri sui libri, ho tagliato e inserite le etichette». Francesco annota i passaggi e chiede un applauso per ogni traguardo raggiunto. «Avere un ruolo e sentirsi utile lo gratifica, […]

L’agenda azzurra e una pagina bianca sul pc raccolgono il report della mattinata tra scatoloni e manuali. «Oggi, in biblioteca, ho lavorato al computer, messo i timbri sui libri, ho tagliato e inserite le etichette». Francesco annota i passaggi e chiede un applauso per ogni traguardo raggiunto. «Avere un ruolo e sentirsi utile lo gratifica, è il motore della sua felicità», sorride Nicoletta Masi, che da 15 anni insieme ad altre due educatrici è diventata la sua seconda famiglia. Francesco Addabbo, 23 anni, fa l’archivista e non conosce la noia. «Quando a due anni ci hanno detto che era autistico, abbiamo deciso che avrebbe avuto degli obiettivi e non sarebbe rimasto parcheggiato in uno dei tanti centri per ragazzi con il suo stesso problema», racconta la mamma, Enza Francavilla. Alle 9 del mattino Francesco timbra il cartellino alla biblioteca comunale di Gioia del Colle, trentamila residenti a sud di Bari. «Francesco ha il compito di catalogare i libri arrivati grazie a un’importante donazione», spiega Cataldo, il collega di fiducia, che posiziona tra gli scaffali i volumi appena etichettati. Nicoletta tira fuori i classici greci dai cartoni. «Uno, 51, 101, 151»: Francesco marchia col timbro rosso una pagina ogni 50, l’invito ai lettori a restituire il prestito ed evitare i furti. Dopo la quarta di copertina si passa all’etichetta con titolo e casa editrice, e il testo è pronto per essere inserito nel catalogo multimediale. «Accendi il pc e vai all’elenco», suggerisce Nicoletta per completare il primo carico. Applauso. «Francesco è instancabile e meticoloso — afferma soddisfatta — Pochi potrebbero fare questo lavoro con la stessa precisione». Mamma Enza mostra gli attestati e le certificazioni. «Francesco ha fatto uno stage in pasticceria, un tirocinio in un supermercato e ora per sei mesi lavorerà in biblioteca», racconta la donna, vigilessa, che alterna i turni in servizio col marito (e collega) per non lasciare neppure un minuto al caso. «Abbiamo da subito creato un ambiente positivo e ci siamo affidati al metodo Aba, impostato sull’insegnamento senza errori, sulla motivazione e sulla gratificazione del bambino autistico»: e dietro l’acronimo si nascondono anni di sorrisi e sacrifici. Per impostare il lavoro con Francesco, Enza si è rivolta a una psichiatra norvegese. «Il primo risultato è che mio figlio ora sa guardare negli occhi e ha eliminato tante sue stereotipie. Da piccolo era un selvaggio e strappava montagne di carta, adesso cataloga libri ordinatamente». Tra le mani il testo della legge sull’autismo, approvata nel 2015 dal governo Renzi, Enza ha bussato alle porte del Cat, il nuovo Centro territoriale per l’autismo del Dipartimento di salute mentale della Asl di Bari. «Così è partito il progetto pilota di stage formativo — conferma il coordinatore del Cat, Cesare Porcelli — che ci aiuta a rompere il vecchio schema che vuole l’autistico incapace di fare le cose. Semplicemente Francesco funziona in modo diverso: a noi spetta capirlo e organizzare il sistema di accoglienza in relazione alle sue abilità». La scrivania cucita su misura è oggi quella della biblioteca. Due ore al giorno dal lunedì al venerdì, con un contributo dato alla famiglia come supporto alle spese per l’educatrice e le altre professionalità. «I sei mesi di sperimentazione saranno certamente prorogati — assicura Domenico Semina, direttore del Dipartimento — e magari con le competenze acquisite Francesco potrà conquistare un vero reddito. Sull’autismo adulto c’è ancora una certa trascuratezza, è necessario provare nuovi approcci». Dalla Puglia la battaglia di Enza e Francesco è dire «no» all’assistenzialismo. «Alle 5 c’è il corso di batteria, dobbiamo preparare il saggio». Occhi negli occhi, mani battute a tempo, riguardano l’ultima esibizione dal video sul cellulare «per scegliere un brano che spacca». La famiglia Addabbo è una diga. «Cerchiamo in tutti i modi di arginare la malattia, ci è ben chiaro che dall’autismo non si guarisce». Così Enza ha impostato un «diario regolarizzato» per le giornate. Tre volte a settimana tennis, piscina, pallavolo. «La domenica, però, vado in moto con papà»: Francesco segnala il promemoria che ricorda l’appuntamento col meritato riposo. (Silvia Dipinto – la Repubblica)

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