Meccanica Quantistica per stupidi. L’esperimento della doppia fenditura. foto

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    Durante il nostro viaggio nel mondo della Meccanica Quantistica saremo in tre: tu, io e la mia gattina Luna chiamata anche ‘die Letze’, l’ultima, la più piccola delle bambine, cioè la preferita, e anche ‘die Drecken’ o ‘Drecky’, cacchetta puzzolente.

    Mia moglie Maridile è una fonte inesauribile di soprannomi. Anche Flori, la nostra cagnetta, è chiamata ‘Stinky’, cioè puzzona, ma anche ‘Florinda Bolkan’.

    luna

    Luna è bilingue, parla … no, non parla, … capisce, come tutti da queste parti, meno che io, il tedesco e l’italiano.

    Di mestiere Luna fa la cacciatrice e insidia tutto ciò che vola: mosche, grilli, farfalle, api, passerotti ma soprattutto piccioni. Sul tetto di fronte al nostro balcone, a pochi metri di distanza, vive una piccola colonia di piccioni. Nel gruppo c’è un piccione dominante: è grosso, bello, tronfio, pieno di se, è l’unico con zampe piumate. Per il suo atteggiamento altezzoso Maridile gli ha dato un nome importante: si chiama ‘Walter von der Vogelweide’.

    Luna odia Walter con tutto il cuore specialmente quando il vanesio si pavoneggia girando su se stesso, con le piume gonfie sul collo, tubando spudoratamente. Luna è capace di stare per delle ore acquattata, con la coda vibrante, a osservare i movimenti di Walter nella speranza di fargli abbassare definitivamente le penne.

    Walter è però una carogna perché, conoscendo il debole di Luna, ne approfitta e la prende in giro. Si posava, fino a qualche tempo fa, sullo stretto cornicione che fiancheggia il balcone e fissava Luna con sguardo di sfida mentre si avvicinava sempre più impudentemente. Il risultato lo puoi immaginare: Luna, per ben tre volte, ha cercato di spiccare il volo dietro Walter atterrando due piani più sotto sulla strada. Per fortuna senza farsi male. Ora abbiamo messo una barriera anti-piccioni sul cornicione e il signor Walter non può più venire a prendere in giro la mia povera Luna.

    Perché Luna ci farà compagnia nell’esplorazione del mondo della meccanica quantistica? Perché, oltre alla caccia, Luna ha un’altra passione, le piace filosofeggiare, specie quando dorme, e i suoi interventi, sempre disincantati ma illuminanti, possono esserci di aiuto.

    Se hai letto il mio precedente articolo “Unitarietà e frammentazione (2). La totalità indivisa” saprai che ho cercato di indagare il concetto di ‘unitarietà del tutto’ da un punto di vista filosofico a partire dalle scoperte della teoria quantistica. Andando avanti, però, mi sono reso conto che non mi era possibile esporre le mie intuizioni senza prima parlare della meccanica quantistica. Modifico pertanto il mio iniziale approccio e metto in primo piano la teoria dei quanti illustrandone in maniera divulgativa le peculiarità e, parallelamente, inquadrando i fenomeni quantistici in una visione olistica della natura (il termine ‘olistico‘ deriva dalla parola greca ‘hólos‘ che significa: ‘tutto intero‘) secondo l’interpretazione ontologica della teoria quantistica di David Bohm. (NB: Se a volte metto l’etimologia di una parola, non lo faccio per impressionarti con la mia cultura ma solo per poter io stesso ricordare il significato della parola rileggendo quello che ho scritto. Purtroppo, dopo i sessanta anni si perdono milioni di neuroni il giorno!)

    La sfida, per me, è di riuscire a parlare in modo semplice e intuitivo di un argomento, la fisica quantistica, che non è ben chiaro neanche agli addetti ai lavori. Secondo uno dei più grandi fisici moderni, Richard Feynman, è impossibile comprendere pienamente la meccanica quantistica: le stramberie che vengono fuori dagli esperimenti quantistici, secondo Feynman, sono al di là della portata della metafora, dalla visualizzazione, e persino della stessa lingua. Il gran numero di ‘interpretazioni’ dei fenomeni quantistici, ce ne sono almeno una quindicina, documenta la confusione che regna anche fra i professionisti della fisica.

    Non c’è da meravigliarsi allora che la teoria dei quanti, com’è presentata dai media, diventi inevitabilmente un qualcosa di mistico e bizzarro, al limite con l’occultismo, che coinvolge universi che si scindono in continuazione, gatti mezzi vivi e mezzi morti, oggetti che non esistono fino a quando una mente cosciente non li guarda, ecc.

    La Meccanica Quantistica (MQ) descrive il nostro mondo a livello microscopico, a scale di lunghezza inferiori di quelle dell’atomo. Negli esperimenti classici della MQ è molto spesso usato l’elettrone, una particella elementare il cui raggio classico è di soli 0,0000000025 centimetri. Due miliardesimi di centimetro ?! La mia mente fatica a immaginare qualcosa di così piccolo.

    Luna, la mia gattina, è stesa di fianco al monitor del computer e sembra che dormi. Non è così. Le sue orecchie vigili si muovono di continuo per cogliere i più piccoli rumori nella stanza. Ma, oltre ai rumori, sembra che Luna percepisca anche i miei stati d’animo. Infatti, in questo momento, si è accorta che sono perplesso e pensieroso, apre un po’ gli occhi e mi guarda come per dire “lascia stare … non sono cose per te … non hai gli strumenti matematici”.

    Forse Luna ha ragione. Dovrei prima capire la matematica come la capiva Schroedinger, Feynman o Einstein? No way!!! Non è possibile! Mi basterebbe anche solo sapere come fanno i fisici sperimentali, non dico a misurare la massa o la posizione di un elettrone, ma anche solo a vederlo! Che strumenti, quali metodi usano? Boh … vallo a sapere! Faccio un atto di fede nei metodi sperimentali della fisica e vado avanti. Comunque, puoi ben immaginare cosa significhi studiare una cosa così piccola ed evanescente. Compiere misurazioni, come posizione o velocità dell’elettrone, a questo livello microscopico è in pratica impossibile: qualsiasi metodo o strumento si usi, esso finirà sempre per perturbare il normale comportamento dell’elettrone. Una cosa che tu ed io dobbiamo tenere a mente nel seguito della discussione, è che negli esperimenti di MQ, invece che di misurazioni dei parametri di una particella sub-atomica, si deve più correttamente parlare degli esiti dell’interazione fra mondo macroscopico (apparato di misura) e mondo microscopico (la particella elementare sotto esame).

    La bizzarria della MQ che è alla base della teoria è, secondo me, il dualismo onda-particella, cioè il fatto che la luce, ma anche la materia, si possono comportare sia come un corpo classico, cioè una particella materiale, sia come onda. L’elettrone, per esempio, in certi contesti è visto come una particella materiale, in altri come un’onda.

    Prima di descrivere in dettaglio l’esperimento chiave della MQ, quello della doppia fenditura, ritengo di dover dire qualcosa in merito alla differenza tra una particella materiale e un’onda. L’ho già fatto nel mio articolo precedente ma, per completezza di trattazione, devo ripetermi. Una classica particella è, per esempio, l’elettrone. Esso può essere visto effettivamente come una microscopica sfera dotata di una certa massa (possiamo sapere quanto è grande), una determinata posizione (possiamo sapere dove si trova) e una determinata velocità (possiamo sapere quanto velocemente si sta muovendo e in che direzione). Un’altra importante caratteristica delle particelle è che possono essere contate come si contano le mele e le pere. Tecnicamente si dice che le particelle sono ‘discrete’ per dire che non sono continue, o, meglio, che non sono parte di un continuo.

    Un’onda è un qualcosa di molto diverso da una particella. Le onde sono sfuggenti, non hanno una posizione precisa, nel flusso d’onda nessun oggetto si sposta altrove (per esempio, l’anatra nello stagno va su e giù per effetto dell’onda ma, sostanzialmente, rimane nello stesso punto). Frequenza, lunghezza e ampiezza d’onda descrivono l’intero fenomeno ma non esiste un punto preciso in cui si possa dire che l’onda è lì. Visualizzando il movimento di un’onda sulla superficie di uno stagno si può dire che l’onda è un fenomeno di disturbo della quiete dell’acqua che si propaga a una certa velocità. Non è certamente un oggetto fisico con una determinata posizione e velocità. Per finire, le onde sono continue mentre le particelle sono discrete: posso dire che ci sono dieci, venti o trenta particelle, ma il moto ondoso o c’è o non c’è.

    Un’altra cosa che contraddistingue le onde è il fenomeno d’interferenza.

    Puoi visivamente intuire di che si tratta immaginando di essere su un motoscafo sul mare calmo della Costiera Amalfitana. Il tuo motoscafo va a una certa velocità e lascia dietro di se due onde che, partendo dalla poppa del motoscafo si diffondono, allontanandosi l’una dall’altra, sulla superficie del mare. Credo che sia facile visualizzare una simile situazione. Ora immagina che io sia su un secondo motoscafo che viaggia parallelo al tuo, diciamo a una decina di metri, alla stessa velocità e nella stessa direzione. Anche il mio motoscafo lascia dietro di se due onde divergenti. Ora, invece di guardarti intorno per goderti il panorama, concentrati sull’onda che partendo dal tuo motoscafo va incontro all’onda che parte dal mio. Hai mai osservato come interferiscono le due onde quando s’incontrano? Una volta ho fatto notare il loro comportamento a un amico in barca con me … mi ha guardato con un punto interrogativo negli occhi, come per dire … embè?

    onde

    Che cosa succede quando le due onde s’incontrano? Tutto dipende da come sono allineate le rispettive creste e avvallamenti. (Figura 0).

     

    Se, nel momento dell’incontro, il picco della tua onda (onda 1) s’incontra con il picco della mia onda (onda 2), se cioè le due onde sono ‘in fase’, allora vedrai formarsi un’onda più alta rispetto alle due onde iniziali (interferenza costruttiva). Le gigantesche onde anomale che a volte si vedono negli oceani, sono create dall’interferenza costruttiva fra onde relativamente più piccole.

    Viceversa, se la cresta della tua onda s’incontra con l’avvallamento della mia, se sono ‘fuori fase’, le due onde si neutralizzeranno a vicenda e non si creerà alcuna onda espressiva (interferenza distruttiva).

    Il fenomeno dell’interferenza è la diversità più lampante tra onde e corpi.

    Ora veniamo al famoso esperimento della doppia fenditura quello che Feynman definisce come “l’esperimento che contiene tutti i misteri della meccanica quantistica”. A Feynman piaceva ripetere che tutta la meccanica quantistica può essere intuita riflettendo attentamente su questo esperimento, quindi è bene parlarne in dettaglio.

    figura-1

    La prendo da lontano, facendo un primo esperimento con delle palline da golf. Nel mio laboratorio ho un lanciatore meccanico che spara le palline in direzioni casuali ma comunque verso uno schermo metallico posto di fronte.

    Questo schermo, al centro, ha una fenditura verticale larga poco più del diametro delle palline da golf. Dietro lo schermo c’è una lastra di rilevamento in grado di mantenere una traccia ben visibile del punto d’impatto delle palline sulla lastra (Figura 1).

    Il lanciatore, appena messo in moto, spara in rapida successione le palline nella direzione generica dello schermo. La maggior parte delle palline non centra la fenditura e semplicemente rimbalza sullo schermo metallico tornando indietro.

    figura-01

    Quelle che centrano la fenditura passano oltre lo schermo, colpiscono la lastra di rilevamento lasciando l’impronta del punto d’impatto.

    Finito il lancio delle palline, vado a vedere le tracce lasciate dalle palline sulla piastra di rilevamento: i punti d’impatto delle palline disegnano un ‘pattern’ verticale come quello che appare in Figura 2.

    Tutto molto semplice non è vero?

    Complichiamo un po’ le cose: sostituisco lo schermo con una sola fenditura con uno a due fenditure.

    figura-03

    Carico il lanciatore con un numero doppio di palline e ripeto l’esperimento.

    Il risultato finale? Sulla lastra di rilevamento ci sono due pattern verticali, come quelli in Figura 3, in corrispondenza delle due fenditure.

    Tutto molto ovvio.

    Forse ti starai chiedendo “ma perché Luigi perde tempo con queste cose così semplici”.

    Un po’ di pazienza e andiamo avanti con un terzo esperimento

    figura-04

    Questa volta, vedi Figura 4, mi tocca allagare il pavimento del laboratorio (speriamo che non piova in testa a quelli del piano di sotto).

    In questo esperimento la lastra di rilevamento ha una tecnologia molto più sofisticata di quella usata nel primo. E’, infatti, dotata di un centinaio di sensori, disposti a livello dell’acqua, in grado di rilevare l’altezza dell’onda nel momento dell’impatto.

    Sullo schermo metallico, invece di lanciare delle palline da golf, farò infrangere un’onda che si propaga sulla superficie dell’acqua. Comincio utilizzando lo schermo con una sola fenditura. L’onda che ho generato va a infrangersi contro lo schermo come un’onda sugli scogli. Una piccola parte dell’onda, però, attraversa la fenditura e si diffonde verso la lastra di rilevamento come appare in Figura 4.

    L’altezza dell’onda sarà massima in corrispondenza della fenditura, quindi quando s’infrange sulla parte centrale della lastra, poi, sarà sempre più piccola man mano che aumenta la distanza dal centro. Questo perché, come si vede nella figura, l’onda, andando verso le estremità della lastra, deve percorrere una distanza maggiore. I sensori posti sulla piastra di rilevamento reagiranno di conseguenza mostrando una banda molto luminosa al centro e una sempre minore luminosità procedendo verso i due lati.

    figura-05

    Sostituisco ora lo schermo a una fenditura con lo schermo a due fenditure (Figura 5).

    L’onda originaria, in questo caso, attraversa le due fenditure generando due piccole onde che si diffondono sulla superficie dell’acqua verso la lastra di rilevamento.

    Nel breve tragitto verso la lastra le due onde si scontrano e interferiscono come nel caso delle onde dei due motoscafi visti prima.

    Quello che osservo sulla lastra di rilevamento è che l’intensità dell’onda risultante dall’interferenza può variare tra un minimo quando le onde sono ‘fuori fase’, in corrispondenza del quale non si osserva alcun fenomeno ondulatorio, e un massimo quando le onde sono ‘in fase’, coincidente con la somma delle intensità. Tra questi due casi estremi ci sarà una grande varietà di somme e cancellazioni parziali cui corrisponderanno diverse gradazioni di grigio. E’ per questo motivo che sulla piastra di rilevamento appare l’alternarsi di bande chiare (interferenza costruttiva) e bande scure (interferenza distruttiva) che è chiamato “schema o figura d’interferenza”.

    Fin qui non c’è niente di strano: gli esperimenti fatti con le palline da golf e con le onde sono coerenti con la meccanica classica newtoniana e … con quello che intuitivamente noi ci aspettiamo da esperimenti del genere. I fisici quantistici però non si accontentano di studiare i fenomeni del macrocosmo, quelli di cui noi possiamo avere esperienza diretta, essi pretendono di andare a vedere anche cosa succede a livello microscopico. Qui le sorprese non mancano: concetti basilari del mondo macroscopico perdono ogni significato a livello atomico e sub-atomico. Il fisico Niels Bohr, uno dei fondatori della teoria, una volta ha detto che se non ci vengono le vertigini al pensiero delle stranezze della meccanica quantistica allora non l’abbiamo veramente capita.

    Vediamo se a noi vengono le vertigini continuando con l’esperimento della doppia fenditura. Adesso metto da parte le palle da golf con relativo lanciatore e asciugo accuratamente il pavimento del laboratorio.

    figura-06

    Sostituisco poi il lanciatore di palline da golf con un cannone che spara un fascio di elettroni (Figura 6).

    Cambio anche la tecnologia della piastra di rilevamento.

    In questo caso, il suo rivestimento emette un piccolo scintillio quando è colpito da un elettrone e memorizza il punto d’impatto dell’elettrone stesso lasciando una traccia ben visibile. E’ importante ricordare che la lastra di rilevamento reagisce agli elettroni (ricorda, … sfere piccolissime con raggio di 0,0000000025 centimetri)

    Un fascio di elettroni è costituito da un gran numero di elettroni sparati tutti insieme in una certa direzione. In figura 6 il fascio di elettroni è sparato contro lo schermo con una sola fenditura.

    figura-07

    Che cosa appare sulla lastra di rilevamento in Figura 7?

    Niente di strano! Certo a me non vengono le vertigini … non so a te. In pratica, gli elettroni si comportano come le palline da golf: il pattern che si forma sulla lastra è lo stesso di quello in Figura 2.

    Cosa ne possiamo dedurre? Secondo me, questo esperimento mostra che l’elettrone è una piccola particella materiale equivalente a una minuscola pallina da golf.

    Ma adesso viene il bello. Sostituisco lo schermo a una fenditura con lo schermo a due fenditure e sparo il fascio di elettroni.

    figura-08

    Cosa? Uno schema d’interferenza? Ma dove salta fuori!? Gli elettroni non erano minuscole palline da golf? Perché sulla lastra non ci sono due pattern come quelli in Figura 3?

    Per quale misteriosa ragione gli elettroni vanno a sbattere sulla lastra in modo da creare bande chiare alternate a bande scure come in Figura 8?

    Noi ormai sappiamo che uno schema d’interferenza si forma quando due onde ‘interferiscono’ l’una con l’altra. Ma in questo caso non abbiamo onde, cos’è che interferisce se gli elettroni sono particelle materiali?

    Una mia prima ipotesi è che, all’interno del flusso in movimento, gli elettroni sbattono violentemente uno contro l’altro e che quindi, interferendo reciprocamente, vanno a disegnare la classica figura sulla lastra. Vediamo se è così.

    figura-09

    Al giorno d’oggi esistono aggeggi strani in grado di sparare un elettrone per volta (per esempio, uno ogni dieci secondi).

    Non chiedermi com’è possibile una cosa del genere perché non lo so. Facciamo insieme un altro atto di fede nella fisica sperimentale.

    Se invio verso la piastra di rilevamento un elettrone per volta (Figura 9) invece di un flusso di elettroni, secondo la mia ipotesi non dovrebbe venir fuori nessuna figura d’interferenza perché l’elettrone sparato non si può scontrare con nessun altro elettrone.

    Che ne dici? Ci procuriamo un bell’Electron Gun come quello in figura 9? Proviamo su e-Bay? Detto fatto.

    Installo il cannone nel mio laboratorio e scelgo la frequenza di sparo di un elettrone ogni secondo. Questa volta voglio proprio capire cosa succede e mi sono attrezzato anche con una bella macchina fotografica per fotografare di tanto in tanto la lastra di rilevamento nel corso dell’esperimento.

    figura-10

    Ok, pronti via! Parte il primo elettrone. Un breve scintillio indica che l’elettrone ha raggiunto la piastra lasciando una traccia permanente ben visibile.

    Da quale fenditura è passato l’elettrone? Boh!? A prima vista sembra che non sia passato da nessuna delle due. Ma lasciamo perdere quest’aspetto e concentriamoci sulla piastra.

    Dopo dieci secondi faccio una prima fotografia. Il punto d’impatto dei dieci elettroni sparati sono ben visibili nella fotografia (Figura 10, a)

    I punti d’impatto sembrano essere distribuiti in maniera casuale. Non solo, analizzando la sequenza dei dieci impatti sembra che non sia possibile in alcun modo prevedere dove impatterà l’undicesimo elettrone. In pratica, il sapere dove sono arrivati gli elettroni già sparati non mi dice nulla su dove impatterà il prossimo. Tutto sembra avvenire in modo assolutamente casuale.

    Sono passati più di 3 minuti quando il duecentesimo elettrone sbatte contro la lastra con il suo caratteristico scintillio. La foto in Figura 10, b riporta i punti d’impatto dei 200 elettroni. Vedi qualcosa di strano? Io no: i punti d’impatto sembrano ancora distribuiti casualmente.

    Scatto la foto successiva, (Figura 10, c) dopo circa 11 ore quando sono stati sparati quarantamila elettroni. Sembra che non ci sia niente di strano neanche qui … ma … aspetta un attimo, socchiudendo gli occhi e allontanandomi dalla foto mi sembra di intravedere delle bande verticali più chiare. Ma si è fatto tardi: con un profondo sbadiglio, Luna mi ricorda che è ora di andare a letto. E’ quello che faccio lasciando il cannone in funzione.

    Il giorno dopo, quando sono stati sparati 140.000 elettroni, scatto la foto in Figura 10, d. Adesso non ci sono dubbi, sulla lastra si è formata la classica figura d’interferenza! Questo è incredibile! Anche se non proprio le vertigini … certo, un inequivocabile disagio lo avverto e come. L’elettrone che passa dalla fenditura di destra non dovrebbe proseguire in linea retta e andare a sbattere sulla lastra di rilevamento senza curarsi se esiste o meno una seconda fenditura? Come può un gruppo di singoli elettroni, ognuno dei quali raggiunge la lastra in un tempo diverso, mettersi d’accordo per produrre la figura d’interferenza? Come fa il singolo elettrone a sapere qual è il suo posto nella figura d’interferenza e, quindi, quale traiettoria seguire? Ho la netta sensazione che l’elettrone sia ‘guidato’ da qualcosa … tu hai qualche altra idea?

    Forse qualcosa in più si potrebbe capire se fosse possibile verificare da quale delle due fenditure passano i singoli elettroni. Si può fare? Certo che sì: proprio per questo ci sono dei dispositivi particolari chiamati rilevatori di particelle. Metto un rilevatore di particelle nelle immediate vicinanze delle due fenditure per ‘vedere ’ attraverso quale delle due passa ogni singolo elettrone che arriva.

    figura-11

    Il rilevatore di particelle, disegnato come un occhio in Figura 11, mi permette di trovare la posizione di un elettrone, non quando impatta sulla lastra, ma quando passa attraverso una delle due fenditure.

    Se riesco a capire attraverso quale fenditura passa l’elettrone e se conosco dove va a sbattere sulla lastra posso almeno intuire la traiettoria che percorre. Il dispositivo che ‘osserva ’ i singoli elettroni funziona perfettamente ed è in grado di dire attraverso quale fenditura passa ogni singolo elettrone.

    Bene! … Ma una brutta sorpresa mi aspetta quando vado vedere il pattern che si è formato sulla lastra di rilevamento.

    figura-12

    Non c’è più la figura d’interferenza! Ci sono solo le due bande verticali in corrispondenza delle due fenditure come quando sparavo palline da golf. (Figura 3).

    Il semplice atto di ‘osservare’ ha distrutto la figura d’interferenza sulla lastra (Figura 12). L’elettrone ha perso le caratteristiche di onda ed è tornato a essere una particella materiale, una minuscola palla da golf.

    Fine dell’esperimento della doppia fenditura.

    Ricapitoliamo quello che noi poveri ‘stupidi’ abbiamo capito:

    (1) gli elettroni in un flusso sparato contro una singola fenditura (Figura 7) si comportano come particelle;

    (2) gli elettroni in un flusso sparato contro due fenditure (Figura 8) si comportano come onde;

    (3) un elettrone sparato singolarmente contro una singola fenditura (Figura 9) si comporta come una particella.

    Che significa tutto ciò? L’elettrone a volte appare come una particella e a volte come un’onda. Ma cos’è effettivamente un elettrone? E’ un’onda, una particella, nessuna delle due cose o le due cose insieme?

    Ma andiamo avanti.

    Un elettrone sparato singolarmente contro due fenditure (Figura 10) si comporta come una particella ‘guidata’ da una forza misteriosa ma raziocinante (perché capace di costruire una figura d’interferenza). Questo mi lascia molto perplesso: l’elettrone sparato singolarmente si dispone sulla lastra in modo del tutto casuale ma poi, alla fine, appare al posto giusto nella figura d’interferenza! Il primo elettrone sparato conosceva a priori la forma finale della figura d’interferenza e il suo posto nella figura?

    Ma la cosa più disturbante in tutto l’esperimento è che l’atto di “osservare” permette di rilevare la particella ma cancella la figura d’interferenza. L’elettrone è in certo posto solo quando io lo osservo con il rilevatore di particelle. Dov’è l’elettrone quando io non lo osservo? E’ contemporaneamente ‘spalmato’ in più posti? O addirittura non esiste come particella materiale? Forse esiste in una dimensione oltre nostre tre dimensioni spaziali?

    Cosa c’è sotto?

    Non ho le vertigini ma sono molto disorientato e confuso. Luna se ne accorge, alza la testa e mi guarda con commiserazione. “Te lo avevo detto” mi dice con uno sguardo di sufficienza “lascia perdere queste cose. Qual è il loro valore pratico? Pensa piuttosto a riempire la mia ciotola con croccantini freschi perché ho fame!”.

    A prima vista, Luna non ha tutti i torti. Perché perdere tempo dietro esperimenti incomprensibili che non hanno alcun riflesso nella mia vita pratica di tutti i giorni? Il fatto è che, pensandoci bene, tutto quello che ci circonda, ma anche il nostro corpo e il nostro cervello, è fatto di atomi e quindi di particelle elementari. In questa prospettiva, la comprensione del mondo sub-atomico ci avvicina alla comprensione del mondo in cui viviamo e di noi stessi. Vale la pena di continuare a stressarsi checché ne dica Luna! Spero che tu sia del mio stesso parere.

    Andiamo avanti quindi. Gli esperimenti di MQ si possono analizzare a tre diversi tre livelli: (1) esperienza empirica o sperimentale, cioè quella appena fatta; (2) equazioni matematiche in grado di fare previsioni precise; (3) interpretazioni di ciò le esperienze empiriche e le equazioni matematiche ci raccontano, per giungere a una comprensione intuitiva di come l’Universo è in realtà.

    Abbiamo descritto in dettaglio l’esperienza empirica ed è venuto il momento di andare a vedere quali sono le equazioni che i fisici quantistici mettono in campo per spiegare queste stramberie.

    La domanda da porci è questa: “quali previsioni empiricamente verificabili riesce a fare la MQ in merito all’esperimento?” Non molte, purtroppo. La MQ può solo prevedere le ‘probabilità’ che una particella si trovi in una certa zona, in un certo momento. Per esempio, nell’esperimento della doppia fenditura, l’equazione fondamentale della MQ, quella che porta il nome di Erwin Schroedinger, riesce a prevedere che l’elettrone ha una probabilità del sessanta percento di impattare in una certa area ‘A’ della piastra di rilevamento e del trenta percento di sbattere contro un’altra area ‘B’. Ma non c’è alcuna equazione per sapere dove andrà effettivamente a impattare il singolo elettrone.

    L’equazione di Schroedinger, elaborata nel 1926 e confermata in modo straordinario dalle prove sperimentali, governa il comportamento delle onde di probabilità o ‘funzioni d’onda’ come furono chiamate. Vediamo di che si tratta.

    La posizione di una particella, per esempio il punto d’impatto degli elettroni sulla lastra del nostro esperimento, può essere determinato in termini probabilistici se si associa l’elettrone a un’onda. La probabilità di trovare un elettrone in un certo punto della lastra dipende dall’ampiezza (più precisamente, dal quadrato dell’ampiezza) dell’onda associata: i punti dove l’onda è più ampia sono quelli dove è più probabile trovare l’elettrone, e viceversa per i punti dove l’ampiezza è più piccola.

    In pratica questo significa che se ripeto più volte in maniera identica un particolare esperimento per misurare la posizione di un elettrone, otterrò una grande varietà di risultati dipendenti dall’onda di probabilità. Se l’ampiezza dell’onda (anzi il quadrato dell’ampiezza) è il doppio nel punto A rispetto al punto B, allora in una sequenza di misurazioni troverò l’elettrone due volte più spesso in A che in B.

    L’onda associata a una particella è un’onda di ‘probabilità’, nel senso che ‘prescrive’ in termini probabilistici quali futuri sono possibili per quell’elettrone.

    Questo è tutto quanto la MQ riesce a predire con equazioni matematiche. Può sembrare pochissimo, ma la gran parte della tecnologia moderna come i componenti elettronici (diodi, transistor, microchip per computer e cellulari), il laser, il microscopio elettronico, la risonanza magnetica, ecc., si basa sulla MQ.

    Luna mi sta seguendo con attenzione ma a questo punto inclina la testa di lato e fa “miaaooo”! Traduco per chi non conosce il linguaggio dei gatti. Luna sta dicendo “Ma ti sei perso? Non dovevi spiegare le stramberie dell’esperimento? A me interessa sapere come fa l’elettrone a svanire quando non è osservato. Posso usare lo stesso trucco per avvicinarmi a Walter senza essere vista?

    Purtroppo, cara Luna, la MQ non è in grado di spiegare come fa il mondo che noi conosciamo, fatto di gatti e piccioni, oggetti con forma, peso, altezza, ecc., a emergere da un mondo quantistico fatto soltanto di onde di probabilità. La MQ non dice nulla neanche sulla vera natura delle particelle, sulla forza ‘misteriosa’ che sembra guidare le particelle, su cosa comporti l’atto di ‘misurare’ o ‘osservare’ un sistema quantistico.

    Ci sono solo … ‘interpretazioni’ che vanno oltre la fisica, nel territorio della filosofia. Si tratta, in altre parole, di passare al terzo livello d’indagine dei fenomeni quantistici per cercare di capire quale sia la posizione più ragionevole, quella cioè che meglio tiene conto di tutti i fattori in gioco. Questo è quello che cercherò di fare nella prossima puntata.

    Brevemente anticipo le quattro principali interpretazioni (ce ne sono almeno una quindicina proposte da fisici di notevole spessore).

    L’interpretazione standard o ufficiale è quella cosiddetta di Copenaghen (dal nome della città dove Niels Bohr, Werner Heisenberg e Wolfgang Pauli operarono alla fine degli anni venti). C’è poi l’interpretazione di Richard Feynman o della somma dei ‘possibili percorsi’; c’è quella dei ‘molti mondi’ di Hugh Everett che ipotizza la scissione dell’universo in più universi ogni volta che si fa una misurazione. Infine c’è quella che io preferisco: l’interpretazione ontologica o causale di David Bohm che nasce dall’ipotesi dell’onda pilota di Louis-Victor Pierre de Broglie.

    Alla prossima puntata.

    Luigi Di Bianco

    Per la serie completa dei miei scritti sulla Meccanica Quantistica visita il mio sito web:  Sum Ergo Cogito

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