Napoli. Progetto dell’associazione pediatri: fiabe nelle carceri per i figli dei detenuti in attesa dei colloqui

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Napoli. Ascoltano le favole e guardano le illustrazioni: anche l’attesa di un colloquio in carcere può diventare un momento per crescere e per apprendere. I figli dei detenuti del penitenziario di Secondigliano cominciano dai libri. È «Nati per Leggere» il programma messo in piedi dall’associazione culturale dei pediatri presieduta da Paolo Siani che li coinvolge direttamente per rendere un pochino meno traumatico l’ingresso all’interno del carcere e umanizzare il colloquio stesso con il genitore. Dai quartieri più emarginati – come quelli di Ponticelli, Barra, San Giovanni, Scampia – ai corridoi senza finestre di un carcere. La mente di un bambino in età precoce registra queste immagini e le racconta tra i banchi di scuola o con parole o con disegni. E le maestre che percepiscono questi disagi spesso diventano terminali delle loro frustrazioni. Porte con le sbarre e uomini in divisa, i piccoli se li trovano di fronte quando incontrano il genitore e, spesso, le stesse porte si chiudono dietro di loro nei quartieri ghetto dove sono costretti a vivere. Vincere tutto questo e lenire questi disagi è una sfida per i pediatri. Così insieme ai medici, sulle piccole panchette e sui tappeti insieme alle loro mamme i bambini ascoltano fiabe o grandi classici. Nella sala d’attesa ci sono libri adatti a ogni fascia d’età. Il primo contatto avviene proprio all’ingresso del carcere. I volontari accolgono i bambini nella sala d’aspetto. Sorrisi e carezze per rompere la diffidenza iniziale e poi, accompagnati dalla mamma, tutti i bambini creano un gruppetto di età omogenea che sceglie poi il libro da raccontare. Le educatrici insieme a tutti i familiari poi leggono per tutto il tempo dell’attesa. E così anche l’avvicinarsi al colloquio diventa meno lacerante, anche se a volte è necessario aspettare più di un’ora per incontrare il proprio familiare. «Questo programma vuole essere un sostegno alle competenze dei genitori – spiega Stefania Manetti, responsabile dell’associazione culturale dei Pediatri – L’approccio alla lettura è importante per un bambino dal punto di vista neurofisiologico, dai due ai cinque anni la mente dei bambini apprende moltissimo e questo li forma per il futuro. Ma il nostro obiettivo è anche dare alle famiglie, ad una mamma presa da mille problemi e soprattutto ai papà assenti, degli strumenti già definiti, come nel caso della lettura un libro che rappresenta l’inizio di un percorso già strutturato». E non a caso la scelta dell’associazione dei pediatri è caduta sullo strumento base dell’apprendimento: il libro. Niente smanettate su tablet o smartphone che oggi sono oggetto del desiderio dei bambini, ma per apprendere il metodo scelto è proprio la lettura e l’esplorazione attraverso le immagini. Il progetto è stato avviato nel penitenziario di Secondigliano nell’autunno 2013, ogni anno coinvolge circa 250 padri, un successo che ha fatto sì che nelle sale colloqui venissero allestiti scaffali con libri adatti a bambini fino a 6 anni. Quello dei pediatri vuole essere, quindi, un modo per ridurre al minimo anche l’emarginazione. Un modo per evitare che la distanza col genitore possa incidere sul livello educativo. Ed è così che attraverso un libro si vuole arrivare alla cultura, spesso l’unica arma davvero potente contro il rischio di seguire strade sbagliate. Un’iniziativa su cui ha puntato molto anche il sindaco Luigi De Magistris che da cinque anni segue il progetto anche al Pan: «Il lavoro più difficile è quello di confine, nessuno nasce criminale, se facciamo incontrare dei bambini dalla nascita con i libri certamente inneschiamo una grande sensibilità verso la cultura, le istituzioni e il mondo del sociale – ha spiegato il sindaco De Magistris – Credo moltissimo in questa iniziativa che da attenzione e ascolto alle famiglie in difficoltà e in autunno vorremmo coinvolgere anche i bambini di Forcella, non dobbiamo dimenticare che i volontari sono il petrolio di questa città insieme alla sua umanità». (Maria Elefante – Il Mattino)

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