Ex nihilo omnia, il Nulla e il Vuoto

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    A parte quelli che non se possono fregare di meno di cosa sia veramente il mondo, l’uomo e la vita, ho notato che la massa della gente si divide in due categorie: (1) gli atei che più o meno dicono: ‘il mondo , la vita e gli uomini emergono casualmente dal Nulla indipendentemente dall’esistenza di Dio’;  (2) i credenti nel Dio creatore ex-nihilo, dal Nulla.  Come vedi, sia gli atei sia i credenti ammettono l’esistenza del Nulla.

    Può esistere il Nulla, esiste il Vuoto?

    A prima vista sembra che la cosmologia moderna e la fisica delle particelle ammettano l’esistenza del vuoto.  Ma è proprio così? Dipende da cosa s’intende per vuoto.

    Dal dizionario, ‘vuoto = spazio completamente privo di materia’.  Su Wikipedia, ‘il vuoto è l'assenza di materia in un volume di spazio’.  In entrambi le definizioni la parola chiave è  ‘materia’. Prendendo le definizioni alla lettera, si potrebbe allora dire che, nello spazio cosmico, tra la materia dei corpi celesti, c’è il vuoto. Non solo, in questo momento, anche fra la materia del mio volto e la materia dello schermo del computer ci sarebbe il vuoto.

    Il buon senso comune non ha nessuna difficoltà ad accettare l’esistenza del vuoto in questi termini, ma, come spesso accade, si sbaglia. Quello che il buon senso comune non considera è la famosa formula della teoria della relatività E=mc2. La formula ci dice che la materia è energia solidificata e che l’energia è materia trasparente.

    Insomma materia ed energia sono due facce della stessa medaglia: la materia può diventare energia, come nel caso dell’esplosione di una boma atomica, e l’energia può diventare materia.

    Vista l’equivalenza materia-energia non si può più dire che nello spazio intergalattico ci sia il vuoto perché ciò che chiamiamo ’vuoto’ è in effetti ‘pieno’, pieno di ‘materia trasparente’: radiazione elettromagnetica, campi gravitazionali, campi magnetici e, soprattutto, materia oscura. La teoria della relatività generale ci dice che lo spazio non è contenitore inerte e uniforme all’interno del quale si muovono i corpi celesti, ma assomiglia di più a una struttura dinamica plasmata dalle onde del campo gravitazionale.

    The recognition of the fact that 'empty space' in its physical relation is neither homogeneous not isotropic, compelling us to describe its state by ten functions ( the gravitation potentials ) has, I think, finally disposed of the view that space is physically empty.”  ( Einstein, Sidelights on relativity). 

    Il riconoscimento del fatto che 'spazio vuoto' nelle sue relazioni fisiche non è né omogeneo né isotropo, costringendoci a descrivere il suo stato con dieci funzioni (i potenziali gravitazionali), ha definitivamente liquidato l’idea che lo spazio sia fisicamente vuoto” . 

    Come si può poi parlare di vuoto se tutto lo spazio intergalattico vibra incessantemente e si modifica come il corpo di un mollusco per effetto delle onde del campo gravitazionale che ‘permea’ tutto l’universo? 
    Per assurdo, volendo ammettere l’esistenza del vuoto, potremmo pensare che il campo gravitazionale sia il pieno e che la materia sia il vuoto o più precisamente, una discontinuità del campo gravitazionale. Nei luoghi in cui si trova la materia, il campo cessa di esistere e diventa un buco vuoto: come a dire che la distinzione fra vuoto e pieno è solo una questione semantica.

    Ma oltre al vuoto cosmico, c’è chi propone il vuoto a livello quantistico.  E’ vero, nel ‘vuoto quantistico’ sembra che particelle appaiano dal nulla: in esso, infatti, si formano e svaniscono continuamente coppie di particelle e antiparticelle.

     In questo caso, sembra che la materia sia creata dal nulla … ma non è così perché, anche in questo caso, non è possibile violare la legge della conservazione di energia. La creazione di materia deve per forza avvenire a spese dell’energia, anche se con gli esperimenti di meccanica quantistica non si riesce a misurare questa variazione di energia. Quello che succede nel vuoto quantistico è che le particelle prendono in prestito energia per un tempo piccolissimo corrispondente alla loro durata infinitesimale ma l’indeterminazione di Heisenberg rende il consumo di energia non misurabile.

    E’ come rubare denaro senza violare la conservazione del capitale, purché si sottragga il denaro per un tempo inferiore a quello intercorrente tra due controlli successivi’ (Odifreddi).

    Dopo la sua esistenza di durata infinitesimale, la particella svanisce e restituisce l’energia che aveva preso in prestito. Insomma, il vuoto  assoluto non è possibile in natura e non è ottenibile in laboratorio.

    E il Nulla?

    Per scherzo potrei dire: vorrei parlare di nulla … in questo caso, secondo te, ho intenzione di parlare o di tacere?

    Mi sembra di capire che il Nulla sia l’equivalente filosofico del vuoto fisico e che corrisponda alla negazione dell’essere. Il Nulla può essere assoluto (non essere niente) o relativo (non essere qualcosa). Mentre è facile capire il nulla relativo, molto più difficile è il capire il nulla nella sua versione assoluta, cioè come ‘non essere niente’. 

    Sul concetto di Nulla mi trovo in sintonia con le speculazioni (come quelle che seguono) di molti filosofi. Ho invece molte perplessità con l’ontologia della dottrina della chiesa che ammette il nulla per dare a Dio la possibilità di creare il mondo e l’uomo dal nulla (ex-nihilo).

    Parmenide affermò l’impossibilità del nulla inteso come assoluto non-essere. Diceva qualcosa di questo tipo: il nulla deve ‘non essere’ niente, ma se esistesse, esso ‘sarebbe’ qualcosa, appunto il non-essere. Ora, secondo il principio di non contraddizione, niente può, allo stesso tempo, essere e non essere. 

    Platone e Aristotele coniugarono il rifiuto ontologico del non-essere con la sua accettazione pratica in base alla nostra esperienza. Insomma, a livello ontologico si può pensare che non c’è niente fuori dell’essere (neanche il nulla) mentre nel divenire che sperimentiamo tutto cambia, tutto sembra passare dal non-essere all’essere e viceversa.

    Per Heidegger, non ha senso chiedersi razionalmente che cosa sia il nulla, poiché questo presuppone che possa appunto essere qualcosa (questo mi ricorda l’argomento di Parmenide). I discorsi sul nulla non possono far parte del linguaggio, della logica o della scienza, che sono tutte esclusivamente concentrate sull'essere. Forse si potrebbe arrivare al nulla attraverso la totale negazione dell'essere, ma anche questo non è possibile perché presupporrebbe la conoscenza dell'essere nella sua totalità, cosa certamente preclusa all'uomo. 

    Sono entusiasta di quello che scrive in merito Emanuele Severino, il filosofo vivente che più di ogni altro ha influenzato il mio modo di vedere le cose. Severino sostiene che il pensiero occidentale è caratterizzato dall'accettazione NON dell'essere (come comunemente si crede) ma del DIVENIRE temporale, e dunque del NULLA da cui le cose vengono e a cui vanno. L’appropinquarsi del nulla con la morte genera angoscia che è rimossa con l’invenzione del Dio trascendentale. Ma questa soluzione finisce con l'essere ancora più soffocante del problema che voleva risolvere, e allora il Dio trascendentale è rimpiazzato dalla scienza e dalla tecnica, che realizzano il divenire (fare e disfare le cose) senza appellarsi a Dio. Per Severino, un'alternativa esiste, e consiste nell'accettare l'essere e l'eternità (tutto è per sempre): il divenire si può allora interpretare come apparire e scomparire dell'eterno, invece che come passaggio dal nulla al nulla; lo scorrere del tempo si può intendere come una soluzione escogitata da menti finite per approssimare l'eternità.

    Come dicevo all’inizio, la creazione dal nulla della dottrina della chiesa cattolica mi lascia molto perplesso. La chiesa è molto categorica in merito:

    "Se qualcuno mette in dubbio che Dio ha prodotto dal nulla il mondo e tutte le cose che esso contiene, spirituali e materiali, nella totalità della loro sostanza; …  o se nega che il mondo sia stato creato per la gloria di Dio: sia anatema. " (Concilio Vaticano I).

    Oltre alla dogmatica affermazione della creazione dal nulla, in questo paragrafo si sostiene che Dio ha creato il mondo per la sua stessa glorificazione. Dio, l’essere assoluto, onnipotente, infinito, eterno … ecc  avrebbe bisogno di essere glorificato? Da chi? Dall’uomo? Che idea meschina: sembra che Dio sia affetto da vanità e megalomania come e più dell’uomo. Beethoven creava forse le sue sinfonie per essere glorificato? Non credo. Credo che le creasse perché la musica che aveva nell’anima esigeva espressione, e poi cercasse di renderle il più perfette possibile.

    Ma torniamo alla creazione.

    La questione della creazione sarebbe risolta se fosse vera l’interpretazione del ‘Bereshit rabbà’, testo biblico ebraico, secondo cui la creazione avviene a partire da una situazione caotica e disordinata. Quest’affermazione si trova all'inizio del ‘Bereshit rabbà’ e confermata dalla teologa Ellen van Wolde quando afferma  che il termine ‘barà’, usato nel testo ebraico non significhi propriamente ‘creare’  bensì  ‘separare’.

    In questo caso l’evento del Big Bang potrebbe essere il momento della creazione. Secondo la fisica moderna il nostro universo, la materia, lo spazio e il tempo ‘esplodono’ da una singolarità, un punto di densità, energia e temperatura infinita. Nella singolarità le leggi della fisica perdono significato ma è ragionevole pensare che, prima dell’esplosione, la singolarità fosse governata da un ordine sconosciuto che ai nostri occhi può sembrare caotico e disordinato.

    In principio era la SINGOLARITÀ.  E la singolarità esplose: un grande botto, il Big Bang.

    Che cosa esplose e quando e dove? La gente immagina, io credo, qualcosa di piccolo, un  ‘seme di senape’ che improvvisamente cresce, come nella tradizione ebraica, o un ‘uovo cosmico’ dormiente finché non è colpito dal fulmine di Indra, come nella tradizione Vedica, o più semplicemente qualcosa di simile a una bomba, piazzata nell'oscurità di uno spazio deserto e senza fine. Una bomba che a un certo momento scoppia e i suoi frammenti e il suo fuoco si espandono nello spazio stesso, raffreddandosi lentamente e formando infine, dopo tanto tempo, le galassie, le stelle, la terra…

    Come uomini, siamo certo obbligati a ricorrere a immagini, analogie, metafore: dovremmo comunque essere sempre ben coscienti della loro natura illusoria e, in questo caso, profondamente errata.

    Non vi era seme, non vi era uovo, niente che potesse esplodere e soprattutto non vi era né un dove né un quando. Intendo dire che la singolarità non era nello spazio e nel tempo … viceversa lo spazio e il tempo stesso erano nella singolarità arrotolati su loro stessi. L'esplosione fu esplosione e srotolamento anche di spazio e di tempo.

    Questa è la mia visione poetica della creazione dell’Universo: la singolarità era un fuoco oscuro, tenebroso abisso di molte dimensioni. Onde di fluttuazione quantica scuotevano le acque, il vento di Dio si librò sull'abisso e fece ordine. Una forza spaventosa scosse l'universo, intere dimensioni crollarono, altre, come lo spazio e il tempo, si gonfiarono smisuratamente.  La luce fu e iniziò l'era della materia e del tempo. E furono nebulose, e ammassi, e galassie, e quasar e stelle di prima generazione.

    Un atto di creazione dove niente è creato dal nulla.

    La chiesa cattolica continua a lanciare anatemi contro chi nega la creazione dal nulla sulle orme di S. Agostino (S. Theol., I, q. 65, a. 3) che, giustamente, visto il contesto storico, negava la materia precedente e quindi la possibilità di mutazione di una cosa in un'altra. Ma al tempo di S.Tommaso non si sapeva nulla dell’equivalenza materia-energia. Noi oggi sappiamo che al momento del Big Bang non c’era la materia … ma sappiamo anche che nella singolarità c’era un’energia infinita.

    L’energia infinita sarebbe il Nulla secondo la chiesa cattolica?

    Cosa dire? Eppure i gesuiti, menti eccelse, organizzano conferenze di cosmologia e invitano gli scienziati più famosi. Per esempio, nel 1981, organizzarono una conferenza in Vaticano cui partecipò Stephen Hawking.

    Nel suo ‘Breve storia del tempo’, Hawking così racconta l’evento. “La chiesa cattolica aveva commesso un grave errore con Galileo quando era intervenuta imponendo la dottrina nelle questioni scientifiche e dichiarando che il Sole gira intorno alla Terra. Ora, secoli più tardi, la chiesa decide di invitare alcuni scienziati per essere aggiornata sulle ultime teorie di fisica e cosmologia. Alla fine della conferenza, noi partecipanti fummo ricevuti in udienza dal Papa. Ci disse che era giusto studiare l’evoluzione dell’universo dopo il Big Bang, ma che non dovevamo indagare il Big Bang stesso perché quello era il momento della creazione e, quindi, opera di Dio. Fui contento che il Papa non conoscesse la tesi che avevo presentato nel mio intervento, cioè che lo spazio-tempo, pur essendo finito, non ha confini o bordi e, quindi, non ha né un inizio né un momento della creazione. Non avevo alcun desiderio di condividere il destino di Galileo … ” (S. Hawking. Breve storia del tempo. Capitolo 8, Origine e destino dell’universo).

    Hawking termina il capitolo 8 con questa frase:

    So long as the universe had a beginning, we could suppose it had a creator. But if the universe is self contained, having nor boundary or edge, it would have neither beginning nor end: it would simply be.  What place, then, for a creator?” (S. Hawking)

    Fintanto che l'universo ha avuto un inizio si potrebbe  ipotizzare che c’è stato un creatore. Ma se l'universo è autosufficiente, senza confini e senza bordi, allora si dovrebbe ammettere che non ha avuto un inizio né che avrà una fine:  semplicemente, l’universo è. Quale posto, dunque, per un creatore?

     Luigi Di Bianco

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