La scaramanzia nell’arte di Pietro Loffredo

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Dopo il successo dell'installazione site specific al Castello d'Arechi di Salerno e al Giffoni Film Festival, "Talisman", il viaggio sulle tracce della fortuna di Pietro Loffredo approda alla Aviatrix Atelier Gallery di Berlino. La mostra, a cura della giornalista e critico d'arte Erminia Pellecchia, sarà inaugurata il 16 gennaio 2015 alle 19.

 

 

Di Olga Chieffi

Dopo il successo dell'installazione site specific al Castello d'Arechi di Salerno e al Giffoni Film Festival, "Talisman", il viaggio sulle tracce della fortuna di Pietro Loffredo approda alla Aviatrix Atelier Gallery di Berlino. La mostra, a cura della giornalista e critico d'arte Erminia Pellecchia, sarà inaugurata il 16 gennaio 2015 alle 19. Amuleti e talismani, infallibili e indispensabili: credenze che vengono da lontano e con cui, sin dalla notte dei tempi, gli uomini ricorrono contro i rischi del vivere e le incognite della realtà. Pietro Loffredo, nella sua ricerca artistica, si interroga da sempre sul rapporto dell’uomo con il mondo, le sue incertezze, ansie, insicurezze e su come ragione e superstizione si mescolano nella sua condizione di indeterminazione. Ecco allora i portafortuna, quei simboli familiari, riconoscibili, a cui ci aggrappiamo con la logica del “non è vero, ma ci credo” per combattere il rischio di vivere. L’artista napoletano interpreta il disagio e gioca allora a intessere le icone della buona sorte in una scenografia che abbraccia tutti i popoli e tutte le culture, mescolandole, contaminandole e trovando idealmente un punto di congiunzione.  Loffredo mette a confronto, in una antropologia del dialogo, il corno mediterraneo con il corvo nord-europeo, quei “Talisman” a cui si fa ricorso massiccio, sia pur clandestino, ancora oggi nella civiltà dell’hi-tech. Il corno, rosso, sinuoso, vitale e solare, simbolo apotropaico per eccellenza; il corvo, ambasciatore del grande vuoto che risiede oltre il tempo e lo spazio, custode dei grandi misteri e trasmettitore di energie: le installazioni e i grandi arazzi accompagneranno il visitatore, in un percorso introspettivo fino all'impatto con i cupi “guardiani delle coscienze”, malinconiche figure nere alate che rappresentano tutte le ingiustizie del mondo che ci circonda e che la fortuna, da sola, non potrà mai cambiare. Nella cultura italica, i romani, commercianti e uomini pratici, ritenevano il corno simbolicamente rappresentante il fallo, dunque metafora di fertilità e prosperità, ottimo portafortuna per affari, denaro e attività produttive. È solo nel medioevo che l’uso del corno assume dimensione magica, divenendo referente apotropaico per antonomasia: simbolo di fortuna, buona sorte e dell’allontanamento delle influenze maligne. Per rilasciare i propri influssi benefici il talismano doveva essere rosso e fatto a mano. Rosso perché questo colore simboleggiava il sangue dei nemici vinti. Fatto a mano perché si riteneva nelle arti magiche che ogni talismano acquisisse i poteri benefici dalle mani del produttore. Il corno ben conosciuto a Napoli rappresenta il fallo di Priapo, dio della prosperità e protettore del malocchio. Al plurale, le corna devono stare in testa ed elevano la potenza della dignità conferendo potere a “luce” alla calotta cranica, così come la corona, che con le corna condivide la stessa radice etimologica indoeuropea. Pertanto, gridare “cornuto” a qualcuno è di fatto un complimento, perchè indica potenza, fertilità e prosperità. Questo ci dice la Tradizione, ma nell’Italia di oggi il significato è completamente ribaltato. Solo Napoli continua a mantenere vivo il vero significato esoterico delle corna, e se ne dovrebbero accorgere tutti i napoletani che, per sottintendere la poca virilità e potenza altrui, pronunciano la parola “scurnacchiato”, cioè senza corna. Altro che cornuto! Va da sé che, sempre sotto al Vesuvio, la più grande delle vergogne elevata al cubo è ‘o scuorno, cioè l’atto di perdere le corna.  Ma forse, proprio seguendo la via tracciata dai “Talisman” si potrà provare a costruire la strada del cambiamento. Talismani come sonde da affondare nelle zone più oscure della realtà per cercare di controllare l’incontrollabile. Ma anche richiamo alla responsabilità e all’impegno civile di ciascuno di noi contro l’iniquità di un mondo che ha perso di vista i valori per inseguire irresponsabilmente il consumismo e l’apparire e che, ora, con la crisi economica, non sa più in quale direzione dirigersi. Nell’ opening non poteva mancare la musica, affidata ad un duo chitarra e voce, un nuovo incontro musicale tra Nega Lucas, brasiliano dall’anima latine e Alessio Bondì siciliano, chitarrista. Due mondi i lori così diversi e così vicini che fondono le batidas latine con le blue notes, per schizzare l’anima calda di tutti i Sud del mondo.

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