Positano Raffaele La Capria cittadino onorario “Qui momenti felici ed ispirazione, era il mio rifugio di gioventù” VIDEO foto

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Abbiamo avuto l'onore, e il piacere, di dare per primi la notizia dell'ufficialità dopo un paio d'ore dal Consiglio comunale.  Raffaele La Capria ha ricevuto il riconoscimento di cittadino onorario all'unanimità, la scelta dell'amministrazione De Lucia è stata votata da maggioranza e minoranza senza esitare, appena glielo abbiamo detto , nella hall dell'hotel Buca di Bacco, ha fatto un sorriso "Qui ho vissuto momenti felici, era il mio rifugio in gioventù…" E come poter dimenticare Leoni al Sole e quello che ha signficato , i suoi romazi e altro.. Positanonews lo ha ripreso con un breve video che vi proponiamo su Positanonews TV. Oggi articoli su tutti i giornali, questo è quello del collega Stefano De Stefano sul Corriere del Mezzogiorno   «Io cittadino di Positano? Un riconoscimento che mi riempie di gioia soprattutto perché mi riporta agli anni della mia formazione tornando a farmi sentire un ragazzo felice come allora». Per Raffaele La Capria sono tante le emozioni, i ricordi e le sensazioni che tornano a galla in queste ore che precedono il conferimento della cittadinanza onoraria del comune costiero. La cerimonia, con la consegna di una pergamena da parte del sindaco Michele De Lucia, è fissata per stasera poco prima delle 21 sulla scena montata dal Positano Teatro Festival sul sagrato della Chiesa Madre. E lì, subito dopo, l’attrice Gaia Aprea aprirà la rassegna diretta da Gerardo D’Andrea dando vita a «L’amorosa inchiesta», il monologo diretto da Luca De Fusco che si ispira ad un amore adolescenziale del giovane Duddù, così come lo chiamavano gli amici, parte del quale trascorso proprio qui, fra scalinatelle, spiagge di sassi e impervie stradine bianche. La prima cosa che le viene in mente, pensando a Positano? «La mia adolescenza e la mia giovinezza, con le tante estati trascorse in costiera. Proprio a Positano la sorella di mia madre aveva una villa che ogni anno, a partire da giugno, diventava il luogo delle nostre vacanze. Un’occasione di incontri ed esperienze che hanno segnato il mio percorso successivo». Da quale punto di vista? «Sia personale che culturale. Positano era infatti lo splendore della sua costa, delle rocce a picco sul mare o dei sassolini bollenti delle spiagge su cui correre a piedi scalzi, manco fosse una prova ordalica. Era inoltre il luogo delle mie immersioni e della mia pesca subacquea, delle serate con gli amici, quasi tutti vacanzieri venuti da Napoli, e degli inevitabili primi amori. Anche perché di ragazze carine ce ne erano tante, molte figlie della buona borghesia cittadina, ma anche le cosiddette “milanesi”, ovvero tutte quelle nate a nord di Roma, o le straniere, in particolare dell’Europa del nord o americane. Molte delle quali sono finite poi in moglie ai giovanotti locali, di mattina barcaioli e di sera rimessi a lucido e pronti a lanciarsi nelle feste o nei giochi a carte, che ne legittimavano la giusta escalation sociale. Ma Positano era anche il posto in cui, prima e dopo la seconda guerra mondiale, era possibile incontrare fior di intellettuali, soprattutto tedeschi in fuga dalle persecuzioni di Hitler. Pensi che grazie a loro ho scoperto l’Espressionismo o la pittura di Klimt, prima che la loro conoscenza si diffondesse anche in Italia». Un’educazione, quindi, insieme sentimentale e artistica? «Direi di sì, anche se preferirei posare l’accento sugli incontri culturali. Della villa di mia zia, per esempio, erano abituali frequentatori personaggi del mondo del teatro come l’attrice Andreina Pagnani, i commediografi Cesare Giulio Viola e Aldo De Benedetti, il disegnatore e scenografo Umberto Onorato e così via. Avevo 18 anni e quei discorsi, quei confronti a così alto livello, mi portarono a immergermi nella lettura, in particolare della letteratura americana prebellica di autori come John Steinbeck di cui apprezzai molto “Uomini e topi”. Ma anche russa come nel caso del libro “Dall’aquila imperiale alla bandiera rossa” di Krasnov. Era il tempo in cui maturavo dentro di me la scelta di diventare uno scrittore. E infatti fu proprio allora che iniziai a scrivere qualche racconto breve». Amava anche fare escursioni nei dintorni? «E come non farle. Si passava da Praiano ad Amalfi, da Furore a Ravello, dove fra l’altro si aveva la sensazione di respirare wagnerianamente l’atmosfera degli dei». E gli isolotti dei Galli? «Beh, a quelli sono legati ricordi più recenti ma non meno intensi, che peraltro ho fissato nel secondo volume dei miei Meridani. Penso alla visita che feci alla casa di Nureyev in compagnia di Vaclav Havel, lo scrittore presidente della Repubblica ceca che nell’occasione indossava una semplice maglietta con una scritta di Kafka, mentre il ballerino russo ci accolse con un basco rosso stile parà. Quale bellezza quello spiazzo dove lui faceva i suoi esercizi fisici! Da lì si vedevano tratti costieri senza nemmeno una casa, pura bellezza naturale. Sia sul versante della penisola sorrentina da Punta Campanella in poi, sia da quello caprese con la vista dei Faraglioni e del salto di Tiberio. Una straordinaria gioia per gli occhi, che in quell’occasione condivisi con Graziella Lonardi e Umberto Eco, giunti con me da Capri dove si svolgeva il Premio Curzio Malaparte». Tornando alla Positano del dopoguerra, che ci dice di «Leoni al sole» del 1961, ispirato in parte al suo romanzo «Ferito a morte»? «Quella fu un‘idea del mio amico Vittorio Caprioli, che intendeva realizzare una storia di “vitelloni” napoletani. Fu il suo primo film da regista, non una grandissima prova cinematografica va detto, ma interessante perché ricostruisce alla perfezione l’ambiente positanese di quegli anni, con molti protagonisti ripresi dalla realtà fra cui il compianto Vittorio Pugliese. A me toccò ovviamente la scrittura della sceneggiatura». Stasera, infine, va in scena «L’amorosa inchiesta », che ha aperto il progetto su «L’armonia perduta » che quest’anno le ha dedicato lo Stabile di Napoli. Ma è tutta autobiografia? «Lo è nel senso che mi sono ispirato a quegli anni, cercando di ricostruire la nostra inadeguatezza di giovani rapiti da questa o quella cotta, pur alimentando il racconto con qualche contributo di fantasia. Eravamo ragazzi fragili che scoprivano l’amore non sentendosene all’altezza, e dietro il protagonista c’è ovviamente la mia esperienza, che proprio qui a Positano, in locali come la Buca di Bacco, fu messa alla prova dai primi flirt, con esiti spesso non del tutto felici, come quello che racconterà Gaia Aprea nella pièce che inaugura il festival».

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