Uscito il saggio “NEL MARE DI CALIPSO LA DISSOLVENZA OMERICA E L’ALCHIMIA MEDITERRANEA IN GIOVANNI PASCOLI” . foto

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    Pascoli – Ulisse rompe la tradizione omerica e l’immaginario dantesco per innamorarsi del mistero di Calipso

    NELL’AMBITO DELLE CELEBRAZIONI PER I 100 ANNI DELLA MORTE DI GIOVANNI PASCOLI

    MARILENA CAVALLO e PIERFRANCO BRUNI

    pubblicano

    “NEL MARE DI CALIPSO

    LA DISSOLVENZA OMERICA E L’ALCHIMIA MEDITERRANEA

    IN GIOVANNI PASCOLI” 

     

    “Nel mare di Calipso. La dissolvenza omerica e l’alchimia mediterranea in Giovanni Pascoli” è il saggio di Marilena Cavallo e Pierfranco Bruni. Per i tipi della Pellegrini editore, con il quale si apre un confronto tra le radici omeriche e mediterranee, la cultura islamica e la classicità nella tradizione del Novecento letterario italiano. Protagonista è Giovanni Pascoli nel centenario della sua morte in un attraversamento originale nel quale si pone l’attenzione anche sulla poesia sufica e sulla visione di una poesia che ha radici orientali.

    C’è il mito omerico nella sua tradizione ma c’è soprattutto il superamento del rapporto tra Ulisse e Itaca, tra Ulisse e Penelope, tra Ulisse e il viaggio come nostos. La figura e l’opera di Giovanni Pascoli, a cento anni dalla morte, (era nato nel 1855 e morti nel 1912), vivono all’interno del contesto del Novecento, alla luce di una chiave di lettura che pone in essere la metafora dell’Ulissismo come percorso centralizzante.

    Il saggio di Marilena Cavallo e Pierfranco Bruni dal titolo: “Nel mare di Calipso. La dissolvenza omerica e l’alchimia mediterranea in Giovanni Pascoli” propone, con una coraggiosa originalità, l’intreccio di tematiche letterarie attraverso parametri esistenziali e mitico – simboliche. Uno scavo nell’estetica dei contenuti e nell’intreccio delle tematiche che Pascoli ha sottolineato e a volte sottaciuto.

    Tra le pagine del saggio di Cavallo e Bruni vengono alla luce stimoli e lampi di grande poesia suscitando un interesse che nasce da una critica completamente originale e autonoma rispetto ai parametri storiografici di questi anni.

    Il Pascoli moderno è certamente nella struttura linguistica della sua poesia e del plurilinguismo che si legge tra i suoi versi ma soprattutto nelle metafore che hanno come riferimento il mare e il viaggio. Proprio per questo il mito di Ulisse viene ad essere ridiscusso grazie ad un processo non solo culturale ma simbolico letterario.

    Infatti sono i “Poemi Conviviali” a proporre non solo il Pascoli della tradizione ma anche il Pascoli moderno. Ulisse che viene trasportato morto tra le braccia di Calipso è l’immagine che rende straordinario uno spaccato poetico che rompe la tradizione omerica: ecco dunque la dissolvenza per creare una frattura tra il tempo e la sua continuità e l’immortalità di Calipso. Proprio su queste immagini il saggio propone delle pagine di stupenda bellezza.

    Non è Ulisse – cerchio che primeggia. Ovvero, viene ad essere superato il concetto di Nostos, dunque si va oltre il ritorno ad Itaca perché insiste l’esistenza dell’uomo mito – Ulisse e della sua magia indefinibile di Calipso.

    Ciò, comunque, richiama la geografia del sentire che è quella del Mediterraneo o meglio di un Mediterraneo in cui hanno il sopravvento l’alchimia dello sguardo di Calipso e la consistente metafora non di un infinito viaggio ma dell’ultimo viaggio. Questa è una lettura nella autenticità dello scavo poetico pascoliano ma l’originalità consistente, che assume una forma sublimale, è il richiamare alle voci della poesia stessa la cultura islamica con la presenza di un poeta Sufi qual è Omar Khayyam. Il richiamo al sufismo resta una pietra miliare in questa rilettura di Pascoli.

    Un elemento affiorato in qualche altra circostanza critica ma qui i due studiosi insistono per testimoniare un modello mediterraneo che vede Pascoli protagonista di una lettura letteraria e metafisica tra Oriente ed Occidente.

    Poeta nella religiosità dei dervisci danzanti, Khayyam resta un maestra di illuminazioni e iniziazioni e Pascoli lo chiama nel gioco dei suoi versi intrecciandolo proprio in una essenza poetica che ha delle caratterizzazioni onirico e archetipiche.

    Questo lavoro di Marilena Cavallo e Pierfranco Bruni su Giovanni Pascoli ha una sua logica nel progetto complessivo, perché oltre a seguire le linee caratterizzanti semi – orfiche riecheggia certamente il Pascoli della tradizione fine Ottocento e inizio primo Novecento che va da “Myricae” a tutti i “Poemetti” fino alla sua presa di posizione sulla guerra nel Nord-Africa con il suo discorso ‘” La Grande Rroletaria si è mossa” e incide un solco significativo nel superamento del rischio dell’oblio. Ma il Pascoli della Tradizione è dentro l’incontro tra Oriente islamico e Occidente omerico.

    Si riporta sulla pagina del dibattito letterario la funzione di una metafora che nell’immaginario simbolico diventa metafisica dell’anima e che si ritrova nella classicità greco – latina certamente ma anche in quella biblica con i versi dedicati alla “Buona Novella in cui l’Occidente e l’Oriente si incontrano.

    Il Pascoli che attraversa i “Canti di Castelnuovo” è dentro questo itinerario ma nel mare di Calipso resta l’allegria – ironia tragica, più pregnante di una ferita che vive dentro la classicità e ci porta proprio alla dissolvenza omerica, perché, in fondo, è come se lo stesso poeta si fosse innamorato di Calipso e si identifica completamente nel personaggio di Ulisse.

    Si potrebbe pensare che Pascoli vada oltre tra la metafora stessa perché tra, la vita e la lingua della poesia, il poeta cerca di imbrogliare le carte e imbrogliando le carte accoglie l’abbraccio tra Ulisse e Calipso che diventa l’ultima attrazione fatale.

    Uno studio interessante che cesella la necessità di riproporre un poeta mai al di fuori di quella grazia che è data dal mistero. In fondo c’è il Pascoli bucolico e dei personaggi drammatici e inimitabili, ma c’è anche il Pascoli che vive in prima persona la dissolvenza omerica perché è convinto che la poesia stessa non solo si rinnova attraverso la lingua ma lentamente e perennemente si innova nei processi estetici che restano come pietre riflettenti di una eredità di culture.

    Le ombre dei riflessi raccontano il taglio dei dolori che il poeta si porta dentro. Non c’è volutamente una storia o la biografia di Pascoli e tanto meno le tragedie e le malinconie per l’uccisione del padre che si danno già per acquisite nella sua biografia e nel suo tessuto umano e poetico.

    C’è ben altro altro. L’Ulisse morto nella contemplazione di Calipso, nel mare dei mediterranei, è un tagliare il conformismo critico grazie ad una proposta non provocatoria ma perfettamente incanalata in una interpretazione, in cui i punti di riferimento sono dati da un Pascoli moderno, che riesce a danzare nella contemporaneità con quei temi che hanno come destinazione l’orizzonte del viaggio, che non ha continuità, perché il tempo di Ulisse si ferma nell’isola di Calipso con un senso del tragico, che, pur non insistendo nell’ironia, fortifica il coraggio di uno sguardo sempre puntato sullo specchio del tempo.

    E’ anche da questo punto di vista il linguaggio poetico, analizzato da Marilena Cavallo e Pierfranco Bruni, ha le sue fasi diversificanti tra i vari testi e le eterogenee proposte in una valenza che è indelebile sul piano delle metafore vissute ed esercitate sulla pagina e mai accennate semplicemente. L’indissolubilità omerica di Pascoli vive nel mare di Calipso tra il vento che fa volare gli aquiloni e i personaggi che non raccontano ma segnano destini.

    Il Pascoli che si identifica in Ulisse e si innamora di Calipso è un immaginario il cui respiro ha una precisa connotazione europea in una cultura tra la presenza mediterranea e una chiave di lettura fortemente dentro la letteratura americana.

     

     

    [Dal lancio-stampa ricevuto; segnalazione di Maurizio Vitiello.]

     

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