Procida manifesta per i marittimi rapiti dai pirati. Bloccate le vie del mare

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Non si ferma la mobilitazione a sostegno della richiesta di liberazione dei marittimi prigionieri dei pirati somali a bordo della Savina Caylyn (da 233 giorni) e della Rosalia D’Amato (da 161 giorni). Stamane ci sarà una manifestazione al porto di Napoli. Il coordinamento procidano «Liberi Subito» e i sindacati confederali Filt Cgil, Fit Cisl, Uiltrasporti, manifesteranno sulle banchine del Molo Beverello e di Porta di Massa, per sensibilizzare cittadini e turisti sulla necessità di ottenere la liberazione dei sequestrati nel più breve tempo possibile anche perché la situazione peggiora di ora in ora, con il pericolo di una conclusione tragica. I sindacati confederali andranno avanti in questa battaglia con un evento dirompente: il 6 ottobre prossimo, con uno sciopero di 24 ore, bloccheranno i trasporti marittimi nel golfo di Napoli per l’intera giornata.

Come per legge, saranno, comunque garantiti i servizi minimi essenziali. «Vogliamo mantenere alta l’attenzione sul problema – dice Raffaele Formisano, segretario provinciale della Fit Cisl – perché chi ha potere ed interesse come l’armamento, velocizzi la conclusione positiva della vicenda». I sindacati non escludono ulteriori azioni anche in campo nazionale. «Stiamo discutendo sulle iniziative più opportune a riguardo – dichiara Beniamino Leone, segretario nazionale Fit e responsabile del settore – perché la vita di questi lavoratori sia salvata e, in futuro, il lavoro sulle navi sia reso sicuro. Non escludiamo uno sciopero generale di tutti i marittimi se la situazione non trova uno sbocco positivo». Anche il Cardinale Angelo Bagnasco, nel corso del suo intervento di lunedì scorso alla Cei, ha espresso «ai 15 marittimi ostaggi italiani prigionieri in Africa viva solidarietà e premura» auspicando un pronto ritorno in seno alle loro famiglie. Le quali continuano a vivere il calvario di un’attesa sempre più disperata.

Da 10 giorni i parenti di Giuseppe Lubrano Lavadera, Antonio Verrecchia, Enzo Guardascione, Giammaria Cesaro, Eugenio Bon, tutti a bordo della «Savina Caylyn, presidiano l’ingresso della sede della compagnia armatrice a Napoli, in via dei Fiorentini, in attesa di notizie dei loro cari. L’armatore, il cavaliere del lavoro Luigi D’Amato, non ha mai voluto incontrarli. Il suo braccio destro, il comandante d’armamento Pio Schiano Lomoriello, si limita a ripetere: «Stiamo lavorando, abbiate fiducia». Eppure questi sono giorni decisivi per la sorte dei marittimi prigionieri. Le ultime telefonate giunte da bordo sono state chiare. «Dite all’armatore che deve sbrigarsi a pagare, dopo averci torturato, questi ci ammazzano uno ad uno». «In verità – dice Liberino Guardascione, fratello di Enzo, il terzo ufficiale di coperta della nave – le dichiarazioni ultime del ministro Frattini dopo il meeting a New York, in sede Onu, ci avevano fatto sperare in uno sblocco della trattativa. Finora, purtroppo, non c’è niente di concreto. Siamo sempre più stanchi ed avviliti. Siamo stati dal Papa, dal presidente della Repubblica, dal sottosegretario alla presidenza del Consiglio Gianni Letta, dal presidente della Camera Gianfranco Fini. Abbiamo manifestato per mare e per terra: a Roma, a Procida, a Sorrento, a Gaeta, a Trieste. Abbiamo chiesto il miracolo a San Gennaro, domani invocheremo San Michele, il santo patrono di Procida, che, nel 1515, cacciò i Barbareschi dall’isola».

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