TORREGAVETA REPORTAGE DALLA SPIAGGIA DEGLI INDIFFERENTI

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Qualcuno l’ha già battezzata la spiaggia degli indifferenti, dopo che i giornali (come l’inglese «The Guardian») hanno pubblicato le foto di alcuni bagnanti sotto l’ombrellone, a pochi passi dai corpi delle due ragazzine, Cristina e Violetta, annegate sabato scorso. Forse, però, sarebbe più giusto definirla la spiaggia dei fatalisti. Ti raccontano infatti — dal sindaco di Monte di Procida, Francesco Paolo Iannuzzi, ex parlamentare andreottiano della Dc che fu, a Nicola Bruno, uno dei ragazzi che sabato ha cercato di salvare le ragazzine — che, in quel tratto di mare, sono annegate almeno dieci persone in quindici anni. «Giusto due settimane fa — riferisce Salvatore Esposito, un altro dei giovani che hanno provato a strappare alle onde le due ragazzine — stavano per rimetterci la vita cinque bagnanti».
Te ne parlano come fosse un destino ineluttabile, dice nel suo reportage per il Corriere del Mezzogiorno il giornalista Fabrizio Geremicca, come se non fosse possibile garantire, su quella spiaggia libera dove l’incrocio del maestrale e del ponente anche ieri pomeriggio creava correnti insidiose, per chi non ha dimistichezza col mare, la vigilanza costante di un paio di bagnini qualificati, almeno una barca o un gommone per il pronto intervento, la presenza di un cartello che avvisi del pericolo. La bandiera rossa non basta. Certo, segnala che non bisognerebbe entrare in acqua, se il mare è agitato, ma serve a poco per chi in acqua entra lo stesso e si trova poi in serie difficoltà. Situazioni dove un minuto in più può risultare fatale e dove la buona volontà di chi si tuffa senza esitare per soccorrere un bagnante in affanno non sempre è sufficiente. Uomini esperti nel salvamento, che garantiscano vigilanza costante dello specchio di mare, mezzi di soccorso, avvisi ai bagnanti. A Torregaveta non c’è nulla di tutto questo. «I Comuni non sono in grado di fronteggiare anche le spese di un servizio di vigilanza sulla spiaggia», si giustifica il primo cittadino. Aggiunge: «Certo, un sistema di sorveglianza sarebbe utile, cercheremo di sollecitare le istituzioni, Provincia in testa, affinché nel futuro lo garantiscano, magari attraverso la Protezione civile». La prossima estate, magari. Per adesso ci si affida ai suggerimenti di chi è del posto. Quelli che, però, i bagnanti italiani e stranieri i quali a centinaia arrivano ogni giorno, non possono o non vogliono ascoltare. «Ecco, per chi si tuffa qui, dal pontile, se il mare è un po’ mosso diventa davvero pericoloso», avverte per esempio Salvatore Astuccio, che su questa spiaggia è cresciuto, indicando col dito i vortici che le onde increspate dal vento teso creano a ridosso della struttura in muratura. «Qui lo scorso anno è annegata una signora polacca», gli fa eco Francesco Iannuzzi, omonimo del sindaco, tra quelli che respingono le accuse di indifferenza che, in questi giorni, si sono abbattute, indistintamente, sull’intera comunità di Monte di Procida. Una buona idea potrebbe essere almeno quella di piazzare cartelli sull’arenile, che indichino il pericolo delle correnti e dissuadano chi non è un buon nuotatore dallo sfidare le onde. Si leggono sulle spiagge libere di mezza Europa. A Torregaveta pare un miraggio. L’unico avviso riguarda ciò che si può o non si può fare nella «zona C» del parco dei Campi Flegrei. «Divieto di caccia e di accendere fuochi», recita un cartello in legno. Leggendolo, il bagnante apprende anche che è consentito divertirsi, sorridere e si possono leggere libri. «È una segnaletica finanziata su fondi europei», informa il sindaco Iannuzzi. È lì da qualche anno. È spuntato solo ieri, invece, il cartello che interdice l’accesso ad un tratto di arenile per il pericolo di crollo massi. La zona preclusa – ma nel pomeriggio di ieri stavano stese al sole proprio lì almeno una decina di persone – è quella a ridosso del costone tufaceo, esattamente dove sono stati adagiati, sabato, i cadaveri delle due ragazzine affogate. Quei corpi sono rimasti sulla sabbia per ore. A qualche metro di distanza da loro c’è chi ha ritenuto di non andare via, di non interrompere la giornata balneare. «Ucraini o polacchi », dicono in coro alcuni montesi, quasi ad esorcizzare la colpa collettiva che si è abbattuta su questa comunità.
«Persone senza umanità», preferisce commentare il sindaco Iannuzzi. «Non so chi fossero e non è questo il punto ». aggiunge. «Qui vengono a fare il bagno da Napoli e dalla provincia. Quel che mi preme dire, però, è che non è giusto coinvolgere nel discredito l’intera comunità di Monte di Procida. Avrei voluto che qualcuno, invece, sottolineasse il coraggio e l’abnegazione dei molti tra noi che hanno cercato di salvare le ragazzine ». Domani pomeriggio ci sarà anche lui nella parrocchia di Santa Maria Assunta in cielo di Monte di Procida, per partecipare alla messa organizzata dalla Diocesi di Pozzuoli in memoria di Cristina e di Violetta. Un rito di carità e forse anche un esorcismo, per allontanare dalla comunità l’accusa infamante di indifferenza e di disumanità, che, lanciata dai genitori delle bimbe, è rimbalza sui giornali nazionali ed internazionali.

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