DA NAPOLI ALLA SASSONIA

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Nessuno vuole la spazzatura campana, tranne i tedeschi che hanno fatto del riciclaggio un settore economico che dà lavoro a 160mila persone. I rifiuti sono in gran parte riciclati a valle e trasformati in materie prime poi rivendute a vari paesi (tra cui l’Italia, che dunque ne paga sia lo smaltimento che il riacquisto). Per la quota residuale è già pronta una tecnologia (italiana) che trasforma i rifiuti in combustibile. Ed invece, gli interessi dei fossili del capitalismo italiano producono ancora sceneggiate a base di roghi, inceneritori, eserciti e discariche…

Napoli alla Sassonia: riciclaggio a valle e nuove tecnologie

Emergenza permanente

Voi fate i furbi, noi ricicliamo

Duecentomila euro al giorno

Thor, il sistema di riciclaggio ‘indifferenziato’ (e italiano)

Retrospettiva

Camorra

I rifiuti radioattivi, nucleari, sanitari

La privatizzazione del “ciclo industriale dei rifiuti”

Toni ha una collana d’oro massiccio al collo, barba incolta, canottiera in vista, petto villoso, occhiali da sole e scudetto tricolore sulla maglia azzurra. Entra tre volte nel centro commerciale: corteggia da tamarro la commessa, rubacchia sul prezzo ad un amico, infine dice “noi gli arbitri li compriamo” scherzando sul prezzo dei televisori.

Sono gli spot che la catena MediaMarkt (presente in Italia col marchio MediaWorld) manda in onda alla vigilia dei campionati europei 2008. Molti italiani si sono offesi, tranne quello che ne avrebbe avuto tutti i diritti, perché ne hanno usato il nome, ovvero il popolarissimo centravanti del Bayern Monaco che invece l’ha presa a ridere.

Per il resto, dalle proposte di boicottaggio alle prese di posizione dei politici (persino Fassino ha comunicato al mondo di esistere scagliandosi contro gli spot) è stato tutto un coro di indignazione. Si è scomodato pure l’ambasciatore a Berlino, che ha ottenuto il ritiro dello spot più pesante, quello che richiama i furti di “calciopoli”, ed una pagina di scuse della catena che ricorda il genio italico e le tante invenzioni ad esso ascrivibili.

Effettivamente, siamo al solito luogo comune dell’italiano buzzurro e truffatore. Un’immagine trita e ritrita, che però purtroppo gli italiani non fanno che confermare ad ogni occasione.

Emergenza permanente

In Campania il “sistema” ha inventato l’emergenza permanente per creare un metodo di arricchimento efficace e duraturo. La complicità tra la camorra specializzata in ecomafie, la politica e l’imprenditoria del centro-nord ha portato la Campania ad essere la pattumiera d’Italia, ruolo sgradevole solitamente assegnato a paesi come la Somalia.

La totale distruzione del territorio, la compromissione di attività come l’agricoltura, l’allevamento ed in parte lo stesso turismo ha portato all’esasperazione la popolazione, contraria all’apertura di nuove discariche nella regione.

All’inizio del 2008 è nuovamente emergenza. La Sardegna (unica in Italia) si dice disponibile ad accogliere i rifiuti campani, ma la reazione popolare è immediata. Cassonetti incendiati nel capoluogo, sacchetti di rifiuti lanciati nel cortile della abitazione di Cagliari del presidente Renato Soru.

La prima nave con i camion carichi di rifiuti campani è accolta al porto di Cagliari dalla protesta di un centinaio di manifestanti, tra cui militanti indipendentisti, di Alleanza Nazionale e Forza Italia oltre al sindaco di Cagliari.

Non resta che spedirli all’estero. I principali giornali tedeschi intervengono con forti commenti. In quello di prima pagina della “Frankfurter Allgemeine Zeitung”, dal titolo “Bancarotta delle istituzioni”, si punta soprattutto il dito sull’aspetto etnico-culturale alla base del disastro ecologico del napoletano.

Il fatto che da quasi tre lustri nessun commissario sia mai riuscito a risolvere il problema va ricondotto secondo il giornale “alle tipiche caratteristiche napoletane, con l’abitudine a situazioni caotiche che da generazioni rafforza il convincimento che in qualche modo è sempre possibile cavarsela con la furbizia […] E se le cose vanno storte, arriverà sempre qualcuno dal cuore tenero per dare una mano”.

Anche la progressista “Berliner Zeitung” critica quello che considera il tipico “laissez faire” italiano e spiega che dietro i problemi dei rifiuti di Napoli “c’e’ anche l’indifferenza nei confronti del bene comune e della cosa pubblica, assai spiccata in Italia, ma tanto più forte quanto più si va verso sud”.

Voi fate i furbi, noi ricicliamo

“Der Spiegel” mette invece l’accento sugli affari tedeschi “con la sporcizia di Napoli” e rivela che i treni con i rifiuti provenienti dalla Campania hanno come destinazione Bremerhaven e Lipsia.

“Mentre all’inizio i treni erano diretti a Duesseldorf e Hameln”, scrive lo “Spiegel”, “adesso i rifiuti provenienti dal Golfo di Napoli arrivano piu’ lontano, sulle coste del Mare del Nord e in Sassonia”. Michael Schneider, portavoce della Remondis, la piu’ grande azienda privata tedesca per il trattamento di rifiuti, conferma che ogni giorno arrivano in Germania “molto meno di mille tonnellate”. Schneider ha aggiunto che a Bremerhaven vengono trattati rifiuti di ogni tipo che arrivano assolutamente mescolati, dalle scarpe sportive agli avanzi di spaghetti.

“Per il nostro modernissimo impianto non e’ affatto un problema”, spiega il manager, “poiche’ ricicliamo tutto con un bassissimo tasso di emissioni nocive”. Anche Guenter Lohmann, presidente della societa’ sassone per il trattamento dei rifiuti (Wev), conferma che non ha alcun problema nel trattare la raccolta non differenziata dei rifiuti partenopei. I rifiuti trasportati con i convogli provenienti dalla Campania finiscono nella discarica di Croebern, alle porte di Lipsia, dove nel 2005 entrò in servizio il più grande impianto tedesco per il riciclaggio biomeccanico delle immondizie, anche se la maggior parte dei rifiuti trattati sono quelli perfettamente differenziati provenienti da Lipsia e dalla regione circostante[1].

Lo “Spiegel” scrive che nella città sassone sono tutt’altro che dispiaciuti per gli arrivi di rifiuti dalla Campania, che contribuiscono a far girare a pieno ritmo il gigantesco impianto. “Oltre all’aspetto finanziario, noi consideriamo anche quello della prestazione di un aiuto”, ha tuttavia aggiunto il manager. Il portavoce di Remondis, Michael Schneider, ha invece definito “una definitiva sciocchezza” la notizia diffusa in Italia che l’azienda intenda costruire un nuovo impianto ai confini con il Lussemburgo per trattare i rifiuti provenienti dal napoletano, considerati dal manager “un problema temporaneo”[2].

Dunque, i rifiuti campani già smaltiti in Sassonia non sono stati bruciati nei termovalorizzatori tedeschi, ma sono stati riciclati per ricavarne materie prime secondarie e composti organici che verranno venduti all’industria. Il percorso dell’immondizia italiana in Germania lo ha spiegato all’ANSA una portavoce del Ministero dell’Ambiente della Sassonia, sottolineando che niente è finito in discarica.

Anzitutto, sono stati separati i rifiuti organici da quelli solidi, che diventeranno poi materie prime secondarie (plastica, metallo, etc.). Il resto, “una parte minore – ha proseguito – è stato trattato in un impianto meccanico-biologico e verrà venduto alle industrie”, le quali bruciano questo materiale trasformandolo così in energia. Ma il grosso dei rifiuti campani diventa materia prima secondaria[3]. E l’Italia, oltre a fornire l’immondizia, svolge anche un ruolo importante nella fase successiva: è infatti al terzo posto, con 2,01 milioni di tonnellate, della graduatoria degli acquirenti di materie prime secondarie[4].

Quindi:

1) la differenzazione si può fare benissimo anche a valle della raccolta, senza neppure una linea di separazione a monte ’secco-umido’, che pure sarebbe utile. Basta avere l’impiantistica giusta;

2) il residuo viene trattato con metodo ‘a freddo’, meccanico biologico, la cui tecnologia è molto semplice e non particolarmente costosa;

3) solo il residuo ulteriore viene venduto a ditte che lo inceneriscono. Ma questo non perchè sia indispensabile, bensì per una (ambientalmente opinabile) scelta economica. Infatti il secco pulito che viene da un ciclo del genere potrebbe essere tranquillamente usato per fare le strade o per produrre altre merci (come fanno ad esempio a Montebelluna in Italia) ma in Germania le ditte che hanno sul groppone gli inceneritori sono in crisi perchè non hanno più combustibile (per i livelli altissimi di riciclo) e devono comprarlo. In Italia i cip6 garantiscono 50 euro di finanziamento pubblico per ogni tonnellata incenerita (grazie all’uso distorto dei cip6, soltanto i 6-7 milioni di tonnellate di ecoballe che sono stoccate a metà 2008 valgono già oltre 300 milioni di euro di finanziamento pubblico);

4) il danno economico per l’Italia, in questo momento, è incalcolabile: non solo manda a smaltire i suoi rifiuti in Germania ma poi ne ricompra una parte sotto forma di materia prima riciclata!

Gli inceneritori sono una tecnologia di 25 anni fa. Chi li ha riduce il danno (economico e ambientale) mentre grandi città come Sidney, Tel Aviv, San Francisco ne fanno ampiamente a meno (e anche San Francisco ad esempio non fa la differenziata porta a porta, ma differenzia a valle).

Duecentomila euro al giorno

Se i tedeschi ci guadagnano, quanto costa allo Stato lo spostamento dei rifiuti in Germania? Sempre secondo “Der Spiegel” il trasporto della spazzatura campana in Germania costa ogni giorno allo Stato italiano circa 200mila euro. Un manager di Ecolog (una divisione delle Ferrovie italiane) ha rivelato al sito del giornale, sotto anonimato, che ogni giorno sono coinvolti due treni nel trasporto dell’immondizia verso la Germania. Ciò corrisponde a circa mille tonnellate di rifiuti, circa un settimo delle 7200 tonnellate che la Campania produce quotidianamente[5].

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