COMUNITA´ MONTANA AMALFITANA, PARLA FERRAIOLI

Più informazioni su

    Pubblichiamo un’intervista di Michele Mansi sul giornale Furore di Raffaele Ferraioli presidente della Comunità Montana Penisola Amalfitana sulla scomparsa di questi enti per le aree coinvolgenti paesi di mare voluta dalla Finanziaria. Ferraioli considerato da molti il deus ex machina della politica della Costiera Amalfitana, a capo dei contestati Patti Territoriali, che ora saranno tutt’uno con la Penisola Sorrentina, indagato su questa vicenda e per la vicenda Furore Inn, è incontesabilmente a capo dell’ente comprensoriale che riguarda tutta la Costiera Amalfitana da quasi un ventennio. Questa è la sua prima intervista a tutto campo da due anni

    Sulla scia della proposta di legge approvata nella finanziaria 2008 di ridefinire e riquali- ficare il ruolo delle Comunità Montane da parte delle Regioni, ci interroghiamo sui cambiamenti possibili che questa legge potrà apportare alla nostra comunità montana. Abbiamo intervistato il Presidente della Comunità Montana Costiera Amalfitana, prof. Raffaele Ferraioli, che ribadi- sce l’importanza dell’ente e ne sottolinea la ne- cessità per un territorio fragile strutturalmente, socialmente, economicamente e culturalmente. D.- Presidente, ritiene che la Comunità Montana sia stata determinante nello svi- luppo socio economico e nel miglioramento della qualità della vita nel territorio della Costa d’Amalfi? R.- Potrà sembrare una risposta interessata, ma devo affermare: non vi è dubbio! Fatti concreti testimoniano che la no- stra Comunità Montana in questi decenni sia stata il crocevia, o se si preferisce, la cabina di regia della progettualità più significativa del no- stro territorio.Dal lungo elenco degli obiettivi colti basta estrapolare anche solo una parte dei risultati ottenuti, per dimostrare con fatti tangi- bili la fondatezza di tale affermazione: dalla me- tanizzazione alla battaglia contro le ricerche petrolifere al largo di Capo d’Orso; dal prestigio- so riconoscimento di “patrimonio mondiale” UNESCO, alla DOC dei vini e alla IGP del limo- ne; dalla valorizzazione dei prodotti tipici (formaggi, funghi, apicoltura, patrimonio vegeta- le etc.) all’istituzione della “Strada del Vino” e alla realizzazione della “Casa del Gusto”; dalla promozione turistica dell’intera area, alla bonifi- ca montana; dallo spegnimento degli incendi, al riassetto idrogeologico; dalla programmazione negoziata (Patto Territoriale Generalista, Patto Tematico per l’Agricoltura, Patto Formativo Loca- le, costituzione della Sviluppo Costa d’Amalfi Spa) al costruendo Accordo di Reciprocità per

    l’accesso ai Fondi del POR 2007/2013 finalizzati al Riassetto del Sistema della Mobilità dell’area sorrentino-amalfitana. Tutto questo nel rispetto del principio di sussidiarietà, nella continua ri- cerca della coesione e della cooperazione e sempre con spirito di servizio nell’espletamento delle proprie funzioni di Ente intermedio di coordinamento istituzionale. D.- Che cosa pensa dell’idea di individuare la “montani- tà” con il metro? R.- Un errore madornale, commesso nella prima fase e poi fortunata- mente corretto successivamente dal legislatore della Finanziaria 2008, è stato proprio quello di confondere il concetto della “montagnosità” con quello della “montanità”. La montagna è svantaggio, sottosviluppo, arretratezza, emargi- nazione e questi fenomeni non si misurano col metro.

    Un’altra falsa idea è stata quella di voler “punire” i territori montani cosiddetti “costieri”, trascu- rando che la montagna pros- sima al mare è vieppiù mortificata dal dover assiste- re al sontuoso banchetto che si svolge ai suoi piedi senza potervi partecipare. E pro- prio il caso del nostro territo- rio che, come tutti sanno, viaggia a doppia velocità: la costa presenta uno sviluppo turistico maturo e in certi ca- si addirittura saturo e la colli- na arranca e stenta ad inserirsi in una realtà che troppo spesso l’emargina e qua- si l’espelle. La stesura ultima della norma in questione è stata fortunatamente corretta e parla di “indicatori” (acclività, si- tuazione demografica, indice reddituale etc.) lasciandone l’individuazione al legi- slatore regionale, che è chiamato a decide- re definitivamente su questi delicati problemi entro Giugno 2008. E proprio il caso di esclamare: “Io speriamo che me la cavo”. D.- Il demandare alle Regioni il compito di legiferare su questi argo- menti entro Giugno 2008 è, secondo Lei, un segno positivo? R.- Ritengo che si tratti di un giusto ravvedimento, sia pu- re intervenuto all’ultimo momento. Non vi è dubbio, infatti, che la competenza in que- sta materia sia, per dettato costituzionale,

    delle Regioni che rispetto alla primitiva impostazione avevano esplicitamente mi- nacciato subito di ricorrere alla Corte Co- stituzionale. D.- Quale ruolo giocano le Comunità Montane nel quadro istitu- zionale e quali sono le ragioni della lo- ro sopravvivenza? R.- Sono anni che sentiamo parlare di federalismo e di “devo- lution”, ma invano. Tutti ammettono che uno dei problemi più importanti da risolve- re per un’efficace “governance locale” é quello di razionalizzare la “dimensione intermedia” (un vero e proprio pallino di Giuseppe De Rita), nella quale si è affermato da tempo “il sistema dei poteri impotenti”, come lo definisce Alessandro Baricco. Nella cosiddetta “area vasta”, né troppo piccola né troppo grande, che si svi- luppa fra il Comune e la Regione prolifera- no decine e decine di enti (Provincia,

    Sovrintendenza, A.T.O., Autori- tà di Bacino Consorzi vari, EPT, Aziende di Soggiorno e chi ne ha più ne metta!) che spesso si contrappongono, producono confusione e, anziché risolvere problemi, ne creano. Le Comu- nità Montane non hanno mai avuto pienezza di poteri per go- vernare fino in fondo e compiu- tamente i territori di loro competenza, ma certamente operano da una postazione intermedia ideale, su ambiti omogenei per fattori geografi- ci, storici, culturali, sociali, eco- nomici. Si renderebbe, pertanto, opportuno potenziarne l’azione, con la contestuale eliminazione di tanti altri enti inutili ed estenderne il modello anche alle aree non montane. Questa idea è stata, del resto, per lunghi decenni al centro del dibattito politico-istituzionale, quando si parlava di “Comprensorio” e di “Distretto”, quale ente sostitutivo della Provincia, ritenuta superata e anacronisti- ca. Improvvisamente il vento è cambiato. Oggi la Provincia è diventata destinataria di un mare di nuove competenze con il ri- schio del trasferimento del centralismo dal centro alla periferia. Un centralismo tanto più becero quanto più prossimo al cittadino.

    Più informazioni su

      Commenti

      Translate »