FORTUGNO, PENTITO SI UCCIDE A DUE ANNI DA OMICIDIO

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    LOCRI (REGGIO CALABRIA) – Uno dei due collaboratori degli inquirenti nell’inchiesta sull’omicidio di Francesco Fortugno, Bruno Piccolo, si e’ tolto la vita tramite impiccagione nella localita’ protetta dove si trovava. La notizia, pubblicata stamani dal quotidiano ‘Calabria Ora’, e’ stata confermata dalle forze dell’ordine.

    Il cadavere di Piccolo e’ stato trovato ieri pomeriggio dal personale delle forze dell’ordine che periodicamente controllava il giovane nella localita’ protetta dove si trovava. Nel luogo del ritrovamento e’ intervenuto anche il medico legale. Dagli accertamenti fatti dagli investigatori, emergerebbe che non ci sono dubbi circa il suicidio. Della morte di Piccolo sono stati informati i due sostituti procuratore della Dda di Reggio Calabria, Marco Colamonici e Mario Andrigo, che coordinano le indagini sull’omicidio di Francesco Fortugno, ucciso il 16 ottobre del 2005 a Locri.

    HA LASCIATO SCRITTO CON MOTIVI – Il suicidio di Bruno Piccolo è avvenuto in un’abitazione di Francavilla a Mare (Chieti), all’interno della quale il collaboratore ha lasciato uno scritto, una sorta di epitaffio, in cui ha chiarito le motivazioni del suo gesto. Gli inquirenti, nell’immediatezza dell’episodio, hanno acquisito i tabulati telefonici per conoscere i contatti che Bruno Piccolo aveva avuto negli ultimissimi giorni ed in particolare relativamente ad un rapporto sentimentale definito burrascoso che lo stesso intratteneva con una donna abruzzese. Sotto il profilo del processo per l’omicidio di Franco Fortugno, in corso a Locri, l’apporto di Piccolo, secondo quanto hanno detto gli inquirenti, era ormai esaurito. Piccolo, alcuni giorni fa, era stato interrogato negli uffici della Direzione nazionale antimafia di Roma. Sui contenuti dell’interrogatorio però nulla si è appreso.

    IL RUOLO DECISIVO DI PICCOLO NELLE INDAGINI  – Bruno Piccolo, primo pentito dell’inchiesta sull’omicidio Fortugno, era considerato dagli investigatori un collaboratore a prova di bomba, avendo dato un contributo eccezionale alle indagini sull’omicidio del vicepresidente del Consiglio regionale calabrese.

    Titolare del bar “Arcobaleno”, nei pressi dello stadio di Locri, luogo di ritrovo dei ‘picciotti’ della cosca Cordì , Piccolo aveva per lungo tempo ascoltato riflessioni e strategie degli adepti alla cosca. Arrestato alcuni mesi dopo l’assassinio Fortugno con l’accusa di associazione a delinquere di stampo mafioso, nell’ambito di un’ indagine della polizia su un traffico di armi, Piccolo – sottoposto al regime carcerario duro – iniziò a collaborare svelando tutti i segreti della cosca tra cui l’omicidio Fortugno, nel quale Piccolo non ha giocato alcun ruolo. Verità riguardanti soprattutto le fasi organizzative dell’omicidio dell’uomo politico e che ha poi ribadito sia nell’incidente probatorio che nel giudizio con il rito abbreviato che si è concluso il 7 giugno scorso con la condanna ad un anno e quattro mesi di Piccolo.

    L’altro pentito dell’inchiesta sul delitto Fortugno è Domenico Novella, nipote di Antonio Cordì indicato come il capo cosca di Locri. Novella ha indicato i due presunti mandanti dell’omicidio Fortugno e nel processo col rito abbreviato è stato condannato a 13 anni e quattro mesi.

    FRATELLINI SCOMPARSI, ”CREDO SIANO MORTI”

    BARI – ”A questo punto credo che i bambini siano morti. Umanamente mi posso augurare che siano vivi, ma dal punto di vista inquirente vi dico di credere che siano morti”. Lo ha detto il procuratore della Repubblica di Bari, Emilio Marzano, parlando della sorte di Francesco e Salvatore Pappalardi, i due fratelli di 15 e 13 anni scomparsi dalla loro casa di Gravina in Puglia

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